sabato 17 dicembre 2011

I treni dell'infanzia

La prima immagine che ricordo dei treni risale alla mia infanzia. Di fronte casa mia è ancora esistente la parte finale della via ferrata che portava alla piccola stazione di Gaeta, ora trasformata in un bel bar, Old Station. Ho avuto la fortuna, quando ero ancora molto piccolo di vedere gli ultimi treni merci passare sotto casa, prima della chiusura definitiva della vetreria. Anni prima il treno collegava Formia a Gaeta passando per le colline di Itri sui leggendari "25 ponti". Ancora andando più indietro con la memoria storica la ferrovia legava Gaeta a Sparanise in provincia di Caserta. Col tempo divenne un "ramo secco", una di quelle linee secondarie da eliminare con tutta la sua storia e le sue piccole storie di vita quotidiana.
Altre immagini, altri treni. L'ho già accennato mio padre navigava, e quando era possibile mia madre ci portava in treno nei porti dove la nave  approdava. Posso dire di aver visitato gran parte dei porti italiani nella mia infanzia, e qualche porto europeo e extraeuropeo. Sono addirittura sbarcato a Novorossiski quando ancora faceva parte dell'Unione Sovietica. Ma questa è una storia che racconterò in un altro capitolo. Prendevamo questi treni ,spesso notturni, che ci portavano a Genova a Taranto, Milazzo, Ancona, Sarroch (via nave naturalmente) e tanti altri. I treni allora si chiamavano "rapido" "espresso" e "locale", e se devo associare un colore ai treni direi il marrone. Marrone i sedili, marrone le locomotive, gli scompartimenti. E poi so che molti non ci crederanno (Clara si diverte spesso a prendermi in giro) ma io ho visto anche gli ultimi "accellerati". Da Wikipedia apprendo che i treni accellerati erano individuati con una "A" sull'orario e che si chiamavano così perchè effettuavano tutte le fermate, (o quasi tutte), della linea percorsa come avveniva nel caso dei treni omnibus. Tuttavia rispetto a questi avevano una traccia oraria più stretta con fermate brevi e avviamenti veloci. Per ottenere tale scopo anche la composizione del convoglio risultava più ridotta. La categoria, che effettuava servizio regolare per viaggiatori anche su percorsi relativamente lunghi, il più delle volte era di sola 3ª classe. I convogli erano costituiti da materiale ordinario, in genere, carrozze a carrelli.
La voce di Wikipedia riporta inoltre, che intorno agli anni settanta cambiarono nome in treni locali. Io li ho visti gli ultimi ancora con le carrozze della ex 3 classe, e i sedili di legno, e ne sono orgoglioso.
Dei tanti viaggi dell'infanzia e dell'adolescenza ricordo un viaggio lunghissimo verso Taranto, e uno ancora più lungo verso Barcellona con cambio del treno ad Irun sui Pirenei. Impossibile dimenticare la prima stazione dopo il confine spagnolo "Colera".
Un altro lungo viaggio fu quello che la Parrocchia di cui facevo parte organizzò per Lourdes, penso di non aver detto mai più così tanti rosari in vita mia.
Anche un grande viaggio a Vienna con la neve sta emergendo a fatica dallo scrigno dei ricordi ma chissà quanti altri restano nascosti nei labirinti della memoria.
Dopo il mitico viaggio a Barcellona e i miei diciotto anni, paradossalmente quasi scompaiono le mie memorie di viaggio, mentre molti iniziavano a viaggiare in interail, io, forse a causa dell'università, perdevo la mia voglia di viaggiare.
Ma nell'estate del 1991 doveva accadere qualcosa che avrebbe inevitabilmente cambiato la mia vita e la mia percezione del viaggio e della diversità: arrivarono i cecoslovacchi e soprattutto le cecoslovacche.





domenica 11 dicembre 2011

in memoria dei treni notturni !

La notizia che da oggi 11 dicembre trenitalia sopprime alcuni dei già pochi rimasti treni notturni mi ha riempito di tristezza. Nei miei primi quarantanni il treno (soprattutto i treni notturni) è stato il mezzo di trasporto per eccellenza. Solo negli ultimi anni per via del poco tempo e della maggiore economicità mi sono dovuto adeguare ai voli low cost, a quell' aereo che non sopporto perchè ti fa sorvolare la vita senza percorrerla. Nei  miei viaggi in treno ho incontrato tanta gente alcune volte anche molesta, ma che rimane nella mia memoria. Ho iniziato a viaggiare sui treni notturni fin da piccolo. Mio padre, ora in pensione, era un marinaio e mia madre portava me e mio fratello nei porti dove mio padre approdava così da poterlo incontrare. Mio padre spesso stava fuori anche quattro - sei mesi di seguito e quindi quando era relativamente vicino casa, mia madre armi e bagagli c'imbarcava sul primo treno notturno. Treni, porti, navi questa è stata una parte importante della mia infanzia, che posso considerare avventurosa. Di questi primi viaggi ricordo uno verso genova, l'altro verso taranto dove il comandante della nave non ci fece restare, e uno interminabile verso Barcellona via Irun sui pirenei con cambio del treno nel cuore della notte.
Poi per un lungo tempo non ho più viaggiato, ma improvvisamente nella mia vita sono entrati gli slovacchi e alcune slovacche in particolare (allora ancora cecoslovacche). Per andare a trovare questi miei amici lontani ho ricominciato a prendere i treni notturni direzione Bratislava con cambio a Vienna. 
In treno notturno sono anche andato a Praga più volte e a Budapest a Ljublijana.
Indimenticabile il viaggio circolare fatto con Francesco quasi dieci anni fa ormai. Si partiva da Roma per ritornare a Roma senza mai ripassare per la stessa stazione, come il gioco dell'oca, un sorta di interail. Quindi ecco che il viaggio diviene Roma - Vienna - Bratislava - Budapest (treno notturno attraverso Croazia e Slovenia) - Trieste - Roma. 
Ma ce ne sono stati tanti altri alcuni recentissimi, il viaggio verso Bolzano, Torino, Trieste, e all'estero il mitico viaggio Belgrado - Sarajevo dell'aprile scorso.
Mi è quasi venuta voglia di raccontarli. Con il mio solito tempo lento, tipico dell'andare dei treni notturni.
Prossimamente prima tappa: i viaggi dell'infanzia.



sabato 5 novembre 2011

dove sono stato?

Sono passati mesi dal mio ultimo post su questo blog. Mesi intensi per certi versi difficili di attese e di grandi cambiamenti. Clara è volata a Maiorca ad inseguire i suoi sogni e il suo mare. Io ho terminato con sollievo il mio cammino dottorale fatto più ombre che luci. Un cammino che mi ha svuotato e tolto la "felicità dello scrivere". In questi mesi ho cercato spesso di scrivere di me, ma c'era qualcosa che mi portava ad odiare anche il semplice gesto dello scrivere, figurarsi mettere insieme idee, sentimenti,emozioni. Ma comunque ho viaggiato a Belgrado, Sarajevo, Maiorca, Minorca, Madrid e per ultimo Bucarest, verrà il tempo in cui sarò di nuovo in grado di mettere su carta, seppur virtuale, tutto quello che sono e sono stato in questi ultimi mesi. Nel frattempo come primo gesto di riconciliazione verso il mondo dell'antropologia e verso un arcipelago che ho anche amato ho riaperto il sito antropologiaturismo.ning.com in cui con calma farò confluire gran parte dei mie lavori a margine del dottorato. Primi passi per riprendermi la "vita letteraria" per ritrovare fiducia nella mia scrittura e nei mondi che voglio donarvi. Per ora come sempre vi auguro buon viaggio e vi consiglio un grandissimo film "This must be the place". A presto tra un post e l'altro della mia vita nomade tra maiorca e l'Italia.

domenica 5 giugno 2011

Dove sono in questa storia ( citando Kusturica)!

Chi sono ? Dove sono io in questa storia? Se lo chiede Kusturica nella sua autobiografia, e me lo chiedo anch'io da tempo. Non sto bene... non sto bene in questo mondo che mi sono a fatica costruito, ma forse questo è così per tutti. Sto bene solo con Clara, la mia famiglia e quei quattro amici che ho. Sto bene nel viaggio , che non è una fuga ma un riconoscersi nell'altro. Non sto bene a Roma, una città , che nessuno si offenda, è difficile da amare. Non sopporto il mio lavoro, l'indossare una maschera ogni mattina facendo finta che davvero m'interessi quello che faccio. Mi accorgo che non sopporto più la gente e il rincorrersi dei vaffanculo tra le persone. Non sopporto i calciatori così pieni di soldi da giocarseli e così giocarsi la vita e la famiglia. Non sopporto più gli alternativi per forza, quelli che pensano di essere di sinistra solo perchè si fanno una canna o si bevono un bel bicchiere di vino e poi però non hanno i soldi per arrivare alla fine del mese o a 38 anni fanno finta di essere ancora studenti di lettere per partecipare alle manifestazioni parlando di democrazia quando in realtà il loro unico pensiero è scoparsi qualche ragazza con idee di salvezza. Non sopporto quasi nulla, ma mi commuovo davanti ad una madre che abbraccia il figlio, a una donna anziana che guardando Gaeta dal vetro del treno dice sorridendo sognante : " ... da casa di mio figlio si vede il mare".
Mi commuovo per le piccole cose perchè è da quelle che nasce una rivoluzione, non m'interessano le masse che urlano e strepitano, i movimenti che durano un giorno o un mese, i comici che fanno i politici, i politici che fanno i coglioni. E poi c'è la musica, il riff di sweet child of mine mi da sempre i brividi, e ci sono canzoni che mi fanno sentire sempre vivo, tante da elencare. Domani è un altro giorno di lavoro, mi verrebbbe voglia di mandare affanculo tutto prendere e andare via, seguire Clara a Maiorca e liberarmi da questa divisa che non ho mai voluto, ma i sogni sono sogni, mi accontenterò di sogni a metà, sperando che i sogni Clara si realizzino. Chi mi diceva che ero un sognatore forse non mi ha mai capito, penso di essere fin troppo legato alla realtà. E' per questo che come Kusturica mi chiedo dove sono io in questa storia?

giovedì 26 maggio 2011

geopolitica balcanica

Qualche mese fa è stato arrestato a Vienna il Generale Jovan Djviak l'uomo che per difendere la sua Sarajevo, decise di lasciare l'esercito serbo e passare dalla parte del "nemico". Jovan Djviak è reo secondo la giustizia serba di aver permesso che il costituendo esercito bosniaco sparasse sull'esercito jugoslavo in fuga. Chi conosce bene i Balcani sa che spesso la verità è difficile da comprendere e che spesso è solo una sfumatura di differenti punti di vista. Comunque Djviak negli anni è divenuto un difensore della multiculturalità e attraverso la sua associazione è divenuto un punto di riferimento per che vuole costruire una bosnia multietnica e plurale. Quando ho deciso di partire per un breve viaggio tra Belgrado e Sarajevo in aprile, speravo sinceramente che fosse possibile incontrarlo, ma era ormai chiaro che la sua liberazione era sempre più lontana e che c'era qualcosa sotto. Già mesi fa mi ero posto la domanda che molti anche a Sarajevo si sono posti: perchè ora ? Divjak ha girato l'Europa in questi anni presentando libri ( il suo meraviglioso libro Sarajevo mon amour è edito da Infinito ed.) partecipando a tavole rotonde sulla pace, sulla multiculturalità. Allora perchè ora? Già mesi fa mi ero dato una risposta anche se non avevo prove: era una pedina di scambio,  il grimaldello per forzare la porta dell'Unione Europea da parte di uno degli stati della ex Yugoslavia. E oggi l'arresto di Ratko Mladic mi da ragione, anche se spero di sbagliarmi. Anche se oggi il mondo finalmente può giudicare uno dei più tristi carnefici e le madri di Srebrenica possono finalmente chiedere giustizia per i loro cari, mi chiedo anche in questo caso, perchè ora? E cosa ne sarà di Divjak? Mi chiedo, gli atti di cui si sono macchiati i due generali sono da considerare sullo stesso piano? Può un genocidio essere comparato ad un atto di guerra e alla difesa di una città? Non voglio dare giudizi su cose che non conosco bene, mi riservo di documentarmi e poi dire la mia. Quello che mi chiedo è: sono davvero comparabili un uomo che dopo una lunga guerra decide di mettersi in gioco e costruire la pace e la multiculturalità con uno che si è nascosto per sedici anni e che è scappato dalle sue terribili responsabilità? Stasera nel cuore sono turbato e spero solo nella giustizia per le madri di Srebrenica. Tutto il resto, o quasi, è geopolitica balcanica.

domenica 8 maggio 2011

viaggiare comunque!

E' tanto tempo che non scrivo ma alcune volte è così difficile superare i blocchi che il nostro animo pone alle parole. Nonostante tutto ho viaggiato nonostante un improvviso male di vivere, ho viaggiato. Vorrei raccontarvi qualcosa di questi viaggi, vorrei pensare che mi abbiano salvato da ulteriori tristezze. Ma non so se mi va. Di sicuro ho viaggiato comunque, con l'occhio stanco e il cuore gonfio ma ho viaggiato. Ho visitato un'isola piena di angoli da scoprire Maiorca, un'isola che in qualche modo ha trovato la via per salvarsi dal turismo di massa. Poi sono tornato nella città che riesce a colmare il mio cuore, Sarajevo. Ma per la via più lunga, il viaggio in treno da Belgrado a Sarajevo attraversando tre frontiere, nove ore di viaggio. In treno ho incontrato Semir che mi ha raccontato la sua Bosnia, così lontana da quella ancora in fase di costruzione che appare dai notiziari internazionali. E poi a Sarajevo ho trovato il sole, un caldo fuori stagione e il giorno dopo a sorpresa... la neve, quasi venti gradi in meno. A Grbavica ho visitato l'associazione di Jovan Divjak mi sarebbe piaciuto conoscerlo, peccato che sia ancora a Vienna in attesa della libertà. Sotto la neve sono ripartito verso Belgrado in pullmann da Istocno Sarajevo, la parte serba di Sarajevo, un mondo a parte lontano dalla Sarajevo che amo. Il pullman si è arrampicato sui monti attraversando Pale, sfiorando Goradze e Srebrenica per passare poi per Zvornik e la Drina e raggiungere in serata Belgrado. Con me il fardello di un lavoro che non riesce e che ha messo in dubbio tutte le mie capacità, anche quella di scrivere poche cose. Vorrei raccontarvi questi viaggi, ma ne sono davvero capace?
 Alcune volte bisogna comunque viaggiare anche se con il fiato trattenuto, le immagini raccolte durante il viaggio ritorneranno quando il cuore avrà pace e allora il viaggio sarà veramente compiuto. Fino ad allora buon viaggio comunque.

lunedì 28 febbraio 2011

Le mie radici


Come un albero affonda con le sue radici nella terra e dalla terra riceve il suo nutrimento e la sua forza, così ognuno noi  è quello che sono le sue radici, e la terra da cui trae la sua storia.
La mie radici affondano: 

in mio padre e nei suoi silenzi, nella sua infinita cultura e rispetto per l’altro. Da lui ho imparato il valore del lavoro e del viaggiare, della cultura e della ricerca continua del senso del mondo. In quel viaggio di tanti anni fa verso l’Unione Sovietica in nave, forse neanche lo immagina, ma mio padre ha dato l’inizio ad una profonda “scrittura di me stesso” che mi rende quello che in parte ora sono

in mia madre e la sua forza, la sua caparbietà nel portare avanti un progetto nonostante tutto e tutti. Da lei ho imparato a superare le difficoltà, a vedere sempre il volto positivo delle cose, ad avere un profondo rispetto per l’altro e per la sua diversità. Mi ha donato la sua religiosità e il suo amore e soprattutto mi ha insegnato l’importanza della libertà

nei miei nonni che ho avuto poco tempo per conoscere, uno una spirito libero precursore dei tempi, l’altro un timido falegname di grande dolcezza

nelle mie nonne. Quella paterna di cui ho un ricordo dolce e amaro per non essere stato presente il giorno del suo funerale, quella materna con cui per anni ho vissuto serate a vedere western, telenovelas e partite di calcio e che ogni giorno ci regala sapienza,a more e forza nell’affrontare la vita anche nei momenti bui, che pure ci sono stati e che la vita comunque ci darà

in mio fratello e nel suo amore incrollabile per la musica. Se la musica non può cambiare il mondo di sicuro può rendere le vite singole indimenticabili


in Clara naturalmente, nell’amore che costruiamo giorno per giorno nella nostra diversità, nella libertà con cui viviamo il nostro essere insieme, nella sua forza e nella sua voglia di cambiare il mondo nonostante tutto e tutti

in martina, katka, siska, bistrik, lucia , le famiglie di Trencin, in tutto quello che nel corso degli anni siamo riusciti a costruire nel rispetto e nell’amore e che ci ha fatti ritrovare dopo diciotto anni come se il tempo non fosse mai passato, come se il discorso non si fosse mai interrotto

nella gente che ho incontrato negli ultimi quattro anni a Capo Verde, nel mare che avvolge le isole, nel deserto, nei sorrisi dei bimbi, e nei pianti dei grandi, nella lentezza e nella riflessione sul giorno che muore davanti ad un tramonto

in Alberto che è stato per un tempo purtroppo breve della mia esistenza, padre, amico, fratello, che ti sia dolce il viaggio e la meta

in Monica, Francesco e la loro stupenda famiglia, un luogo dove tornare quando tutto intorno sembra buio. La vostra luce e il vostro amore colma i cuori e riempi di gioia gli occhi.

in tutte le persone che anche senza saperlo mi hanno donato  qualcosa che vivrà sempre nella parte di me che conserva le cose più belle e nascoste e in cui il bambino che è dentro di noi si rifugia nei momenti di grande tristezza alla ricerca della tenerezza dei ricordi

nel pensiero di Gandhi e nella non violenza che guida la mia vita ma che è così difficile da realizzare
nella fede, sempre più personale , forse, ma che guida e guiderà sempre la mia vita. Non posso pensare ad un giorno senza speranza e fede in qualcosa che è oltre di me

nelle città che ho visitato e in cui mi sono sentito a casa

nella città Sarajevo, nella sua gente, nel suo miracolo quotidiano, non riesco a spiegare neanche a me stesso il perché, ma è una sorta di legame di sangue, e di amore profondo per ogni roccia e goccia di quella terra

nella musica e nella poesia degli sguardi

negli amori che ogni giorno costruiamo e che spesso ci neghiamo

nella tenerezza che deve sempre guidare il nostro agire  anche nel momento in cui siamo costretti a prendere decisioni terribili e dolorose

nel rispetto,  non c’è vita senza rispetto
nella libertà che finisce dove inizia quella dell’altro

nell’amore in tutte le sue forme

nel sogno che ogni persona che ho incontrato mi ha donato

negli abbracci dati e in quelli sono appena accennati

in tutto questo e in tutto quello che non ricordo e che si nasconde nelle pagine del libro nascosto che ognuno di noi scrive giorno per giorno

Questo sono io e queste sono le mie radici  



mercoledì 9 febbraio 2011

Dalla parte dei vinti senza redenzione parte 2!

Dal 27 gennaio, giorno della memoria sono accadute tante cose tristi, l'ultima è quella avvenuta qualche giorno fa. Sono morti altri quattro bambini rom, si proprio i figli di quei vinti senza redenzione di cui ho parlato nel precedente post. La città oggi si è fermata, è lutto cittadino, ma siamo sicuri che davvero tutti abbiano percepito l'infinita tragedia? Non sono solo i morti di oggi, quei bambini erano già morti prima nella nostra coscienza, nel nostro giudizio, considerati come bestie. Ci sono una serie infinita di pregiudizi che si autoalimentano sui Rom. Devo dire, onestamente, che anch'io non ne sono immune, ma viaggiando ho imparato a conoscere meglio alcune sfaccettature del problema, se problema esiste, e ho imparato ad andare oltre il "fascismo" di chi fa "di tutta l'erba un fascio". Utilizzando il messaggio veicolato da una pubblicità sulla diversità sessuale, quando incontro una persona per strada, nei bus, in treno, in viaggio, mi interessa sapere se è Rom, italiano, polacco, senegalese o non importa? Cosa mi interessa in chi incontro la sua appartenenza etnica o la sua storia di uomo che viaggia il mondo? E di fronte a una morte , mi interessa che sia Rom o italiano o che sia morto senza colpa? Ognuno di noi porta con se pregiudizi con cui deve convivere, chi ne diviene schiavo diventa razzista, chi accetta il suo pregiudizio e cerca di superarlo pur tra mille difficoltà e cadute è un uomo, o almeno cerca di esserlo.
"Qualche Rom si è fermato italiano come un rame ad imbrunire sul muro..." canta De Andrè in una sua immensa poesia, ricordiamo questi piccoli rom fermatisi italiani, e che non hanno visto il loro futuro nascere all'alba.

mercoledì 26 gennaio 2011

27 gennaio giorno della memoria. Dalla parte dei vinti senza redenzione

Da sempre, per un'inclinazione naturale, per empatia, sono dalla parte dei vinti, alcune volte riesco a darne voce , spesso gran parte delle emozioni rimangono chiuse nel mio cuore. Il 27 gennaio è il giorno della memoria, e dovrebbe essere il giorno della memoria di tutti i genocidi, anche di quelli non universalmente conosciuti e che, purtroppo, non bucano la cortina di nebbia della storia recente. Ci sono vinti che non hanno avuto redenzione, rinascita, dopo essere stati sterminati, eliminati. Mentre in qualche modo il popolo ebraico è emerso dal fango della storia ricostruendo la sua storia e un suo stato ( lascerò riflessioni politiche sulla necessità di uno stato ebraico o meno, ognuno ha le sue proprie idee in materia), ci sono popoli che non sono mai più riemersi, quasi cancellati, popoli senza voce o la cui voce poco è ascoltata. A forza di essere vento recita una delle più belle canzoni di De Andrè, pochi conoscono cos'è il Porrajmos, lo sterminio degli zingari nei campi di concentramento, pochi sanno che era proprio sui bambini zingari che Mengele testava le sue terribili idee. Gli zingari, il popolo zingaro non è mai riemerso, bisogna essere onesti, ci danno fastidio gli zingari per strada, sono sporchi, cattivi, furbi, poco telegenici, difficile pensare che anche loro abbiano vissuto il male assoluto. Eppure è così, poco si sa anche dello sterminio dei gay, e ancor di meno si sa dei terribili delitti di cui si ampiamente macchiato le mani il signor Stalin. Un paio di anni fa visitando il museo della rivoluzione a Riga per la prima volta ho incontrato la parola Holodomor, mi sono documentato nel corso di questi anni ho visto qualche documentario, letto libri, sulla carestia indotta da Stalin in Ucraina per punire i Kulaki, rei di non cedere le proprie piccole proprietà terriere. C'è un reportage a fumetti di Igort che ci narrà quello che è stato l'Holodomor, Quaderni Ucraini, vi invito a leggerlo.
Ci sono poi genocidi più recenti poco conosciuti, sicuramente più tristemente famoso è il terribile genocidio degli Armeni, che ancora solo in parte hanno visto riconosciuto il loro diritto a considerarsi "vittime", molti libri ne parlano, e un gruppo rock americano di origine armena i System of a Down, portano avanti una vera e propria crociata per il riconoscimento del genocidio.
Poi ci sono le crudeltà subite dai Curdi, popolo senza patria, i genocidi "costruiti" come quello legato alla guerra Hutu/tutsi.
E poi c'è una strage terribile che da sempre è parte delle mie riflessioni, che mi porta a pensare che il male assoluto non passerà mai che si riprodurrà sempre in qulunque luogo in cui troverà la terra fertile della propaganda, la strage di Srebrenica. Molto ancora non conosciamo di quela strage e delle tante ancora nascoste che quella terribile guerra ha portato, a pochi chilometri da noi.
Ci sono vinti che non hanno redenzione, che ogni giorno vengono colpiti dalla nostra ingnoranza , o ignorati dalla storia con la S maiuscola e minuscola, a loro domani vada il nostro ricordo. Che il giorno della memoria diventi, come penso sia giusto, il giorno in cui si ricordano tutte le vittime di tutti i genocidi che la povera gente ha subito nel corso della nostra storia recente.

lunedì 17 gennaio 2011

Dopo qualche tempo!

E' tanto che non scrivo è vero, ma non perchè non abbia idee o perchè non stia progettando viaggi, ma perche forse ho troppe idee e tanti progetti che voglio terminare a breve, troppe cose che stanno li in piedi da tanto tempo e che, per un motivo o per un altro, non si chiudono. Ho viaggiato nel basso Lazio in questi ultimi tempi per raggiungere Clara che lavorava a Pomezia. La mattina alle 7.00 ho preso un paio di volte il pullman che porta a Torvaianica e che passa per Pomezia, e ho provato l'incontro con la diversità che è fatta non solo di colori ma anche di odori, talvolta, obiettivamente non piacevoli. Viaggiando sui pullmann più che sui treni si scopre l'anima nascosta di questa provincia (Latina) inventata dal nulla da un certo Mussolini, e che fatica a costruirsi un'identità. La mattina nel buio i migranti sono ombre che si aggrapano alla vita e ad un lavoro fatto di grande fatica e di pochi soldi. Ma sono davvero questi uomini e donne a rubarci il lavoro? Quanta ipocrisia, bisognerebbe accettare il mondo per quello che è, un universo in perenne mutazione. Poi oggi, sempre seguendo Clara nelle sue peregrinazioni lavorative , volevo regalarmi un altro viaggio antropologico, la tratta in treno Terracina - Roma, ma il treno era rotto e allora ho dovuto ripiegare per la meno "esotica" tratta Monte San Biagio Roma. Sapete, alcune volte non si deve andare così lontano per trovare l'avventura, l'esotico, ogni mattina si alza un mondo da scoprire, e ogni giorno è diverso, esotico, inusuale.
La prossima volta vi parlerò del Pigneto, noto quartiere alla moda di Roma, dove io ho vissuto fino a qualche anno fa, e sono certo che a qualcuno, anche di sinistra, quello che dirò non piacerà.

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...