domenica 20 settembre 2015

L'illusione della terra ferma. Una storia di sale e carbone di Otto Gabos

E' stata una lunga attesa, ma ne è valsa la pena.
Dopo aver visto il progetto del cartoonist Otto Gabos crescere ed evolversi giorno dopo giorno sulla pagina appositamente creata su Facebook, finalmente ho tra le mani il prodotto finito, il frutto di un lungo lavoro di ricerca e di ricuciture di memorie personali e pubbliche. Una ricerca nella memoria che emerge dalle lettura del materiale a margine della graphic novel, in cui Gabos ricostruisce attraverso le proprie e le altrui memorie questa storia di sale e carbone che si sviluppa tra Iglesias e Carbonia.
Quello che conosciamo come Sulcis Iglesiente, una delle più recenti province italiane, viene raccontato in quei giorni in cui diviene quel che ora è solo archeologia industriale, attraverso lo sguardo del Commissario Marmo, fascista riluttante, per punizione sottratto alla sua terra senese e scaraventato, lui che lo odia o mal sopporta, in una terra circondata dal mare.
Marmo per cercare di esorcizzare l'isola e l'insularità, guarda la vicina isola di Carloforte immaginando così di essere sulla terraferma, ecco il perché di questo bellissimo titolo, l'illusione della terraferma.
"Oggi il continente è isolato" diceva un vecchio professore di antropologia, quando la Sardegna era per via del mare forte, isolata dal resto d'Italia.
Un netto rovesciamento di prospettiva frutto proprio dell'esaltazione della insularità che permea il rapporto con la terra e con il mondo fuori.
Un'insularità che ti porti dentro anche quando sei costretto a vivere sulla terraferma.
Non si tratta poi di un fattore genetico o un'impronta di nascita, che tu sia nato sull'isola o ci abbia solo vissuto per qualche tempo, l'insularità te la porti dentro come un segno e  la puoi vivere con struggente malinconia ( è questa in parte la sodade capoverdiana) o reprimerla, odiarla.
Marmo non sopporta il mare, dicevamo, non sopporta l'isola, e forse buona parte degli isolani, soprattutto tutta quella serie di figure marginali e prepotenti che pensano di poter esercitare un potere assoluto in nome di un'ideologia, di un'idea divenuta perversa.
E' un fascista che gradualmente, nonostante abbia servito il regime e il paese anche in Africa, si rende sempre più conto delle sue brutture e delle sue esagerazioni, e questa terra aspra accentua la sua lontananza dal centro dell'ideologia e acuisce il suo dissenso.
Figure come il gerarca Porziani non erano figure isolate, erano anzi la faccia più triste del regime.
Intorno a Marmo, il gerarca, il proprietario delle miniere di Carbonia e un uomo ritrovato con la testa mozzata, ruota la storia. Chi ha ucciso quell'uomo e perché? Omicidio politico? Oppure le ragioni sono da trovare nella sfera personale dei soggetti coinvolti?
La realtà alcune volte è molto più semplice di quel che si pensi, e il vero mistero lo scoprirete leggendo le pagine della storia di cui non dico di più per non rovinarvi la sorpesa.
Voglio soffermarmi, seguendo la mia sensibilità antropologica, su quelle "cartoline" che Gabos inserisce nella storia a mo' di scenario, Carbonia, Iglesias, la miniera simbolo di progresso e di oppressione.
La discesa di Marmo agli inferi della miniera, fa parte anche del percorso nella memoria che Gabos percorre nella realtà. Fa parte di quel microcosmo vitale in cui l'autore è cresciuto e che ha voluto riportare in vita.
Si è parlato di Marmo e di quelli che possono essere considerati i personaggi principali, ma grande interesse riscuotono anche i cosiddetti "personaggi di contorno", spesso presi dalla vita reale dell'autore, omaggio a persone importanti, a cui in alcuni casi Gabos da il nome di giocatori del Cagliari realmente esistiti.
Mallus con la sua saggezza da marinaio intraprende la titanica operazione di far innamorare del mare il freddo detective Marmo, mentre le intriganti figure femminili, all'inizio appena accennate divengono pagina dopo pagina sempre più prepotentemente protagoniste.
E poi c'è il carbone, sembra quasi di sentirlo nell'aria, carbone che si mescola al sale, perché c'è anche tanto mare, mare in tempesta, mare ruggente, mare che divide, ma anche un mare che sa unire e riempire di poesia.
Il mare con i suoi colori tenui (un limpido colore di cielo) si rivela nel finale, quando Marmo la sua padrona di casa (o molto di più?) e il figlio di lei Pietro ipovedente, unica persona a cui Marmo sembra legarsi veramente, sono in viaggio in treno verso Cagliari.
Marmo va verso la sua vita, il bambino forse verso la guarigione.
Marmo chiede a Pietro: "Sei contento che andiamo a Cagliari?"
E il bambino chiede: " Cosa c'è a Cagliari?"
La risposta di Marmo è nella meravigliosa ultima tavola di questo racconto per immagini, un cielo pieno di colore e speranza, striato da tenui nubi e qualche gabbiano sullo sfondo.
Cosa c'è a Cagliari?
Marmo risponde "C'è il mare ..." e sembra quasi di viverlo questo fermo immagine, questo omaggio di un uomo che non ama il mare a quella distesa di acqua salata, e ti si ferma il respiro e le lacrime furtive bagnano le ciglia.
Perchè questo fa il mare, commuove sempre nel suo continuo e incessante movimento.
Grazie Otto Gabos per questo capolavoro di sale e carbone con mare.


http://www.rizzolilizard.eu/libri/lillusione-della-terraferma/?refresh_ce-cp

lunedì 7 settembre 2015

Grazie di cuore Mr. Orban.

Dovremmo ringraziare e di cuore Mr. Orban, l'Ungheria e il suo muro. Perchè se "fascistissimo me" Orban non avesse proclamato in una giornata caldissima di luglio che avrebbe in un mese (manco Dio) eretto una barriera di filo spinato a protezione della "magiarità", la maggior parte dell'Europa sarebbe rimasta all'oscuro, avrebbe continuato beatamente ad ignorare, quel "transito terreste" per dirla alla Battiato, che da anni attraversa I Balcani e si dirige verso il cuore dell'Unione Europea.
Pensate se per uno dei paradossi della storia gli dessero il nobel per la pace per aver rivelato all'Europa la parte scura del suo cuore, della propria ignoranza e della propria indifferenza.
Me lo immagino dopo che ha chiuso (si fa per dire) a chiave la frontiera con la Serbia e poi si trovato ancor più di prima il paese pieno di migranti venuti da parti lontane di questo fantastico mondo.
Meno male che la Merkel ad un certo punto si è accorta che è in atto un esodo, forse è stato il senso di colpa per come aveva trattato la bambina palestinese?
Fatto sta che Orban anche involontariamente ha messo di fronte all'ipocrita europa il dramma dei migranti. Questo è, ha detto, e ora?
E ora facciamo così uno a te tre a me, tre ancora a te e uno a parrocchia.
Il mondo sembra essersi svegliato.
Sembra essersi svegliato dal torpore e dall'indifferenza dell'uomo comune cantata con forza da Bob Geldof, "I don't mean at all", non posso pensare a tutto dice allargando le mani il "buon padre di famiglia".
L'Europa si è svegliata, ma la gente, perchè è la gente che fa la storia, era già sveglia da prima e della Serbia che accoglie  i migranti come fratelli in nome dell'antica ospitalità balcanica nessuno o quasi  parla ma esiste, ed è fuori dell'Europa che conta. Come contano e come quelle persone che hanno deciso di andare a prendere i migranti in auto dall'Austria.
Tutto questo non sarebbe esistito senza il mio meraviglioso colpo di scena Mr. Orban, eroe involontario.
E allora grazie Mr. Orban per averci risvegliati.
Durerà?



Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...