“Aggiungi un posto al Tavolo
Che c’è uno stato in più
Se sposti un po’ la frontiera
Stai più comodo anche tu
I nuovi stati a questo servono
Ad aumentar la compagnia
Sorridi al nuovo debito
Non farlo andare via
Dividi il fondo Europeo
Raddoppia la Burocrazia”
Il mese di Luglio potrebbe essere
considerato il mese dei balcani per molti motivi. Tra i tanti segnalo due
momenti emeblematici , l’ingresso della Croazia nella U.E., e la celebrazione a
Tuzla (l’11 luglio) dell’anniversario della strage (eccidio, barbarie scegliete
voi il termine) di Srebrenica.
Vi starete chiedendo come si
legano questi due eventi così distanti nel tempo e nello spazio e nella storia?
Spero vi sia più chiaro in
seguito, nel corso della lettura di queste che, a scanso di equivoci, sono da
considerare opinioni personali scaturenti dalla lettura di stampa specializzata e dai
miei resoconti di viaggio nei Balcani dal 2003 ad oggi.
Tutto ciò premesso affinché non
rimaniate stupefatti dalla mia lettura ,leggermente controcorrente, dello “storico”
ingresso della Croazia nella U.E.
Se si guarda l’analisi di molti
esperti del settore , l’ingresso della Croazia sarà addirittura fondamentale
per questa regione da sempre al centro di grandi cambiamenti e mutamenti, di
cambi di rotta e ritorni al passato.
Cosa succede dal mio punto di
vista il 1 luglio 2013?
Succede che l’ Europa Unita,
quella che in molti chiamano la Fortezza Europa, si allargherà ancora di più
verso Sud – Est inglobando la Croazia e la sua lunga e frastagliata frontiera
nel “Paese delle Libertà”.
O almeno questo è quello che ci
vogliono far credere.
Chi ha viaggiato nei Balcani sa
che la realtà è ben diversa e che quanto accade in questa sempre “effervescente”
zona d’Europa, ha mille sfaccettature,
che molto spesso, i grigi e tristi
burocrati di Bruxelles neanche immaginano.
Perché bisogna viaggiare nei
Balcani con i mezzi che la gente “normale” usa ogni giorno, dormire in alberghi
che la gente “vive” e mangiare in ristoranti nascosti al turismo della
burocrazia, per rendersi conto che l’entrata della Croazia nella U.E. poterà
più danni che soluzioni nella zona geografica che ancora chiamiamo Balcani.
Uno dei problemi fondamentali e
su cui si discute da mesi è il nuovo confine croato.
La frontiera croata diverrà tra qualche giorno
( ma già lo è ora per via dell’applicazione delle norme di transizione) la più
lunga frontiera della Fortezza Europa, il luogo in cui si giocheranno il futuro
e il triste destino clandestini e nuovi
poveri che tenteranno una via d’ingresso nella grande democrazia europea.
Il luogo, soprattutto, dove quel
poco che rimane della Jugoslavia , intesa come unione di stati e culture ,
rischia di frantumarsi definitivamente.
Il paradosso è questo: mentre
milioni di “europei uniti” avranno la libertà di circolare (tra l’altro già l’avevano
in realtà) in Croazia, per fare solo un esempio i cittadini bosniaci, ma così
penso i montenegrini, i macedoni, e i serbi, che prima circolavano liberamente
nello “Spazio Balcanico” , adesso avranno bisogno del visto per entrare in
Croazia.
Non solo, ma le maggiori
restrizioni sono legate al transito e al trasporto di mezzi e di beni di prima
necessità.
Per fare un esempio: ogni
cittadino bosniaco che decida di passare le vacanze in Croazia, dovrà
dimostrare di avere a disposizione 100 euro giornalieri per la copertura delle
spese di viaggio, sanitarie etc. Se questa persona viaggia con la sua famiglia
dovrà garantire la copertura della medesima somma per ogni componente della sua
famiglia. Naturalmente più a lungo deciderà di restare sul suolo croato più
aumenterà la “cauzione”.
Mi domando: qualcuno dei
burocrati che abita gli uffici di vetro di Bruxelles si è mai domandato qual è lo stipendio medio
di un lavoratore bosniaco?
Non penso, questo perché non è di
suo interesse, la realtà della vita quotidiana non interessa al burocrate
europeo che vive e lavora nel mondo idilliaco dell’”Europa”.
Ai confini e alla loro gestione è
legato il futuro di gran parte dello “Spazio Balcanico”.
Cosa accadrà, infatti, nelle
tante città di confine, spesso già spaccate in due dai confini imposti dall’Occidente
dopo le guerre “incivili” balcaniche? Cosa accadrà a quel micro “spazio
economico” che si è creato negli anni tra le città di confine, come cambierà la
vita quotidiana di questi cittadini transfrontalieri, quale il destino dei
lavoratori che giorno per giorno sono costretti ad attraversare una frontiera
più volte al giorno?
Il problema dei confini e della
loro gestione si lega a mio parere anche con il problema ancora maggiore del nation building nei balcani.
In Croazia e nei paesi confinanti
forse pochi ricordano, se mai se ne sono accorti, che pochi anni fa si sono
vissute atrocità che forse neanche nella seconda guerra mondiale erano state
perpetrate.
Dalla fine di queste “guerre” i
nuovi stati balcanici hanno iniziato un difficile e talvolta solo apparente
percorso di costruzione di una “nazione”.
La Croazia è, forse, uno dei pochi
paesi che è riuscita a costruire qualcosa, anche se molto rimane da costruire e
chiarire. Come ad esempio le irrisolte problematiche di confine che la Croazia
ha in piedi nei confronti di Slovenia e Bosnia.
Il paradosso dei confini
continua.
Nel 2006 ho viaggiato tra Spalato
e Dubrovnik , facendo scalo nella piccola località bonsiaca di Neum per una
ricerca legata alla preparazione di un paper per un convegno. Neum è posta in
territorio croato, è l’unico sbocco al mare della Bosnia e taglia in due
tronconi la costa croata.
Nel 2006 era necessario, per
raggiungere Duborvnik, il passaggio delle frontiere croato/bosniaca e bosno/croata
ben due volte.
Questo lembo di terra bosniaca in
territorio prevalentemente e culturalmente croato diviene ora parte della nuova
frontiera europea creando, di fatto e di diritto, un’enclave in territorio europeo (Neum)
e una exclave in territorio bosniaco
(Dubrovnik).
La soluzione ai presumibili problemi
di transito di merci e persone? La ripresa di un vecchio progetto del governo
croato della creazione del ponte di
Peljesac che collegherà nelle intenzioni
Dubrovnik al restante suolo croato bypassando Neum, progetto già in parte
bocciato dalla U.E.
La nuova frontiera poi, finisce
paradossalmente per affettare il truismo croato andando a colpire i mercati che
tradizionalmente visitano la costa
croata.
Oltre a i ricchi tedeschi, da
anni la costa croata è visitata dai nuovi ricchi russi, che ora, paradosso dei
paradossi, mentre prima del 1 luglio non avevano bisogno del visto per andare
in vacanza in Croazia, si troveranno tra qualche giorno a vedersi costretti a
richiedere il visto d’ingresso.
Risultato: diminuiscono gli
ingressi in Croazia e aumentano nei paesi confinanti dove ancora i cittadini
russi non hanno necessità di richiedere un visto.
Queste sono solo alcune
suggestioni che emergono da una breve e neanche molto approfondita analisi.
In fine dei conti chi ne ricaverà
davvero beneficio dall’ingresso della Croazia nella U.E.?
Molti dicono: sicuramente i
croati. Avranno benefici economici, la libertà di circolazione, le loro merci
avranno una maggiore visibilità e “appetibilità” per via dell’apposizione del “marchio
U.E.”
Ma ne siamo davvero sicuri?
Non ci sono, forse, motivi molto profondi
per cui la popolazione croata ha quasi del tutto disertato le urne in occasione
del Referendum che certificava l’approvazione popolare all’ingresso nella U.E.?
Continuo a vedere più problemi
che soluzioni nell’ingresso della Croazia nella U.E., anche perché darà l’inizio
ad una lunga e dissennata corsa verso l’invito a tavola presso l’Unione, dove
le sedie ci sono per tutti ma dove il cibo inizia a scarseggiare.
Tutti i paesi balcanici hanno iniziato
le procedure d’adesione alla U.E. ed è probabile che qualche altro paese dell’area
balcanica entrerà a far parte dell’Unione “non prima del 2015” (come scritto
nei documenti ufficiali).
Una cosa che, ma forse sono io a
vederla in maniera del tutto pessimistica, rischia di travolgere i fragili
equilibri che si sono creati nel “resto dei balcani”, e rallentare ancor di più
una reale “nation building” all’interno dei paesi interessati.
La immaginate davvero una U.E. in
cui Serbia e Kosovo ( quest’ultimo ancora non riconosciuto da molti importanti paesi
europei tra cui la Spagna che ha paura di una secessione con modello kosovaro
in Catalunya) o la Bosnia divisa in
partes tres ( o quattro, la Repubblica Serba di Bosnia, la Bosnia –
Erzegovina , ma la Erzegovina è a sua volte quasi un’entità indipendente e l’Entità
di Brcko) o la povera macedonia ( a cui
il governo greco da tempo impone di cambiare nome, ma che forse ora,vista la
sua situazione interna, si vedrà costretto a cambiare il proprio) o il semi
sconosciuto Montenegro, quasi spopolato e con poche ricchezze , andare d’accordo
da buoni fratelli europei in quel nuovo “Spazio Comune Jugoslavo” che si
creerebbe all’interno dell’Unione Europea?
Qual è l’urgenza che si avverte
in questi Stati. La costruzione di una democrazia forte o la corsa a
partecipare alla gang bang di Stati
che rappresenta e forma la U.E.?
Quest’estate avrò modo di
viaggiare di nuovo nei Balcani e forse, trovare qualche risposta alle mie
domande, anche se sono certo che ci vorrà più tempo per vedere gli effetti dell’ingresso
della Croazia nella U.E.
In chiusura di questo lungo
(ahimè per voi che lo leggete) “pippone” polemico, vorrei precisare che chi ha
scritto questa riflessione non è né leghista né di ultradestra, né un partitario
dell’Europa delle nazioni in senso dispregiativo e nazionalista del termine.
Anzi, era un europeista convinto,
tanto convinto da decidere di concludere il suo percorso di studio in Giurisprudenza
nel lontano 1996 con una tesi in Diritto della Comunità Europea.
Quindi non un euro- scettico,
bensì un euro-tradito, e si sa che le persone tradite sono i peggiori critici
(forse non del tutto obiettivi è vero) della persona che ha posto in essere
il tradimento.
In questo caso è stata tradita un’idea,
a mio parere, l’idea che mi aveva affascinato, quella che nasceva dal Manifesto
di Ventotene.
Forse sarebbe necessario un passo
indietro, una profonda riflessione sul “Mostro Europa” e sulla sua deriva, e perché
no, con tanta nostalgia, la ricostruzione di alcuni confini e frontiere che
abbattano l’omologazione europea, in cui la mozzarella di bufala campana ha lo
stesso valore della mozzarella prodotta (solo a titolo di esempio) in Romania,
o il gulash ungherese lo stesso di quello servito nei ristoranti maiorchini.
E’ nella diversità che si
costruisce , nel particolare, l’universalismo, l’omologazione, ha fatto danni che la storia non sempre è
stata capace di colmare.
Sogno ancora di attraversare
confini e incontrare gente “diversa” ,“altra da me” che si senta cittadina di
uno stato che sente come “casa” e che in questa “casa” si specchi e sia pronta
ad accogliere lo “straniero”.
Non siamo europei, nè lo saremo
mai, siamo ognuno un’idea diversa di Europa, omogeneizzata e umiliata dalla buro-idea di Bruxelles.
Benvenuta Croazia nonostante
tutto, che ci siano feste e fuochi d’artificio per festeggiare l’Europa che
viene, senza dimenticare le radici che abbiamo e cosa e chi siamo al di là del “bollino
U.E.”