venerdì 28 giugno 2013

1 luglio 2013: aggiungi un posto al tavolo che c’è uno stato in più … !!! Benvenuta (?) Croazia.

“Aggiungi un posto al Tavolo
Che c’è uno stato in più
Se sposti un po’ la frontiera
Stai più comodo anche tu
I nuovi stati a questo servono
Ad aumentar la compagnia
Sorridi al nuovo debito
Non farlo andare via
Dividi il fondo Europeo
Raddoppia la Burocrazia”

Il mese di Luglio potrebbe essere considerato il mese dei balcani per molti motivi. Tra i tanti segnalo due momenti emeblematici , l’ingresso della Croazia nella U.E., e la celebrazione a Tuzla (l’11 luglio) dell’anniversario della strage (eccidio, barbarie scegliete voi il termine) di Srebrenica.
Vi starete chiedendo come si legano questi due eventi così distanti nel tempo e nello spazio e nella storia?
Spero vi sia più chiaro in seguito, nel corso della lettura di queste che, a scanso di equivoci, sono da considerare opinioni personali scaturenti  dalla lettura di stampa specializzata e dai miei resoconti di viaggio nei Balcani dal 2003 ad oggi.
Tutto ciò premesso affinché non rimaniate stupefatti dalla mia lettura ,leggermente controcorrente, dello “storico” ingresso della Croazia nella U.E.
Se si guarda l’analisi di molti esperti del settore , l’ingresso della Croazia sarà addirittura fondamentale per questa regione da sempre al centro di grandi cambiamenti e mutamenti, di cambi di rotta e ritorni al passato.
Cosa succede dal mio punto di vista il 1 luglio 2013?
Succede che l’ Europa Unita, quella che in molti chiamano la Fortezza Europa, si allargherà ancora di più verso Sud – Est inglobando la Croazia e la sua lunga e frastagliata frontiera nel “Paese delle Libertà”.
O almeno questo è quello che ci vogliono far credere.
Chi ha viaggiato nei Balcani sa che la realtà è ben diversa e che quanto accade in questa sempre “effervescente”  zona d’Europa, ha mille sfaccettature, che molto spesso, i  grigi e tristi burocrati di Bruxelles neanche immaginano.
Perché bisogna viaggiare nei Balcani con i mezzi che la gente “normale” usa ogni giorno, dormire in alberghi che la gente “vive” e mangiare in ristoranti nascosti al turismo della burocrazia, per rendersi conto che l’entrata della Croazia nella U.E. poterà più danni che soluzioni nella zona geografica che ancora chiamiamo Balcani.
Uno dei problemi fondamentali e su cui si discute da mesi è il nuovo confine croato.
 La frontiera croata diverrà tra qualche giorno ( ma già lo è ora per via dell’applicazione delle norme di transizione) la più lunga frontiera della Fortezza Europa, il luogo in cui si giocheranno il futuro e il triste destino  clandestini e nuovi poveri che tenteranno una via d’ingresso nella grande democrazia europea.
Il luogo, soprattutto, dove quel poco che rimane della Jugoslavia , intesa come unione di stati e culture , rischia di frantumarsi definitivamente.
Il paradosso è questo: mentre milioni di “europei uniti” avranno la libertà di circolare (tra l’altro già l’avevano in realtà) in Croazia, per fare solo un esempio i cittadini bosniaci, ma così penso i montenegrini, i macedoni, e i serbi, che prima circolavano liberamente nello “Spazio Balcanico” , adesso avranno bisogno del visto per entrare in Croazia.
Non solo, ma le maggiori restrizioni sono legate al transito e al trasporto di mezzi e di beni di prima necessità.
Per fare un esempio: ogni cittadino bosniaco che decida di passare le vacanze in Croazia, dovrà dimostrare di avere a disposizione 100 euro giornalieri per la copertura delle spese di viaggio, sanitarie etc. Se questa persona viaggia con la sua famiglia dovrà garantire la copertura della medesima somma per ogni componente della sua famiglia. Naturalmente più a lungo deciderà di restare sul suolo croato più aumenterà la “cauzione”.
Mi domando: qualcuno dei burocrati che abita gli uffici di vetro di Bruxelles  si è mai domandato qual è lo stipendio medio di un lavoratore bosniaco?
Non penso, questo perché non è di suo interesse, la realtà della vita quotidiana non interessa al burocrate europeo che vive e lavora nel mondo idilliaco dell’”Europa”.
Ai confini e alla loro gestione è legato il futuro di gran parte dello “Spazio Balcanico”.
Cosa accadrà, infatti, nelle tante città di confine, spesso già spaccate in due dai confini imposti dall’Occidente dopo le guerre “incivili” balcaniche? Cosa accadrà a quel micro “spazio economico” che si è creato negli anni tra le città di confine, come cambierà la vita quotidiana di questi cittadini transfrontalieri, quale il destino dei lavoratori che giorno per giorno sono costretti ad attraversare una frontiera più volte al giorno?
Il problema dei confini e della loro gestione si lega a mio parere anche con il problema ancora maggiore del nation building nei balcani.
In Croazia e nei paesi confinanti forse pochi ricordano, se mai se ne sono accorti, che pochi anni fa si sono vissute atrocità che forse neanche nella seconda guerra mondiale erano state perpetrate.
Dalla fine di queste “guerre” i nuovi stati balcanici hanno iniziato un difficile e talvolta solo apparente percorso di costruzione di una “nazione”.
La Croazia è, forse, uno dei pochi paesi che è riuscita a costruire qualcosa, anche se molto rimane da costruire e chiarire. Come ad esempio le irrisolte problematiche di confine che la Croazia ha in piedi nei confronti di Slovenia e Bosnia.
Il paradosso dei confini continua.
Nel 2006 ho viaggiato tra Spalato e Dubrovnik , facendo scalo nella piccola località bonsiaca di Neum per una ricerca legata alla preparazione di un paper per un convegno. Neum è posta in territorio croato, è l’unico sbocco al mare della Bosnia e taglia in due tronconi la costa croata.
Nel 2006 era necessario, per raggiungere Duborvnik, il passaggio delle frontiere croato/bosniaca e bosno/croata ben due volte.
Questo lembo di terra bosniaca in territorio prevalentemente e culturalmente croato diviene ora parte della nuova frontiera europea creando, di fatto e di diritto, un’enclave in territorio europeo (Neum) e una exclave in territorio bosniaco (Dubrovnik).
La soluzione ai presumibili problemi di transito di merci e persone? La ripresa di un vecchio progetto del governo croato della creazione del  ponte di Peljesac  che collegherà nelle intenzioni Dubrovnik al restante suolo croato bypassando Neum, progetto già in parte bocciato dalla U.E.
La nuova frontiera poi, finisce paradossalmente per affettare il truismo croato andando a colpire i mercati che tradizionalmente visitano  la costa croata.
Oltre a i ricchi tedeschi, da anni la costa croata è visitata dai nuovi ricchi russi, che ora, paradosso dei paradossi, mentre prima del 1 luglio non avevano bisogno del visto per andare in vacanza in Croazia, si troveranno tra qualche giorno a vedersi costretti a richiedere il visto d’ingresso.
Risultato: diminuiscono gli ingressi in Croazia e aumentano nei paesi confinanti dove ancora i cittadini russi non hanno necessità di richiedere un visto.
Queste sono solo alcune suggestioni che emergono da una breve e neanche molto approfondita analisi.
In fine dei conti chi ne ricaverà davvero beneficio dall’ingresso della Croazia nella U.E.?
Molti dicono: sicuramente i croati. Avranno benefici economici, la libertà di circolazione, le loro merci avranno una maggiore visibilità e “appetibilità” per via dell’apposizione del “marchio U.E.”
Ma ne siamo davvero sicuri?
Non ci sono, forse, motivi molto profondi per cui la popolazione croata ha quasi del tutto disertato le urne in occasione del Referendum che certificava l’approvazione popolare all’ingresso nella U.E.?
Continuo a vedere più problemi che soluzioni nell’ingresso della Croazia nella U.E., anche perché darà l’inizio ad una lunga e dissennata corsa verso l’invito a tavola presso l’Unione, dove le sedie ci sono per tutti ma dove il cibo inizia a scarseggiare.
Tutti i paesi balcanici hanno iniziato le procedure d’adesione alla U.E. ed è probabile che qualche altro paese dell’area balcanica entrerà a far parte dell’Unione “non prima del 2015” (come scritto nei documenti ufficiali).
Una cosa che, ma forse sono io a vederla in maniera del tutto pessimistica, rischia di travolgere i fragili equilibri che si sono creati nel “resto dei balcani”, e rallentare ancor di più una reale “nation building” all’interno dei paesi interessati.
La immaginate davvero una U.E. in cui Serbia e Kosovo ( quest’ultimo ancora non riconosciuto da molti importanti paesi europei tra cui la Spagna che ha paura di una secessione con modello kosovaro in Catalunya) o la Bosnia divisa in partes tres ( o quattro, la Repubblica Serba di Bosnia, la Bosnia – Erzegovina , ma la Erzegovina è a sua volte quasi un’entità indipendente e l’Entità di Brcko)  o la povera macedonia ( a cui il governo greco da tempo impone di cambiare nome, ma che forse ora,vista la sua situazione interna, si vedrà costretto a cambiare il proprio) o il semi sconosciuto Montenegro, quasi spopolato e con poche ricchezze , andare d’accordo da buoni fratelli europei in quel nuovo “Spazio Comune Jugoslavo” che si creerebbe all’interno dell’Unione Europea?
Qual è l’urgenza che si avverte in questi Stati. La costruzione di una democrazia forte o la corsa a partecipare alla gang bang di Stati che rappresenta e forma la U.E.?
Quest’estate avrò modo di viaggiare di nuovo nei Balcani e forse, trovare qualche risposta alle mie domande, anche se sono certo che ci vorrà più tempo per vedere gli effetti dell’ingresso della Croazia nella U.E.
In chiusura di questo lungo (ahimè per voi che lo leggete) “pippone” polemico, vorrei precisare che chi ha scritto questa riflessione non è né leghista né di ultradestra, né un partitario dell’Europa delle nazioni in senso dispregiativo e nazionalista del termine.
Anzi, era un europeista convinto, tanto convinto da decidere di concludere il suo percorso di studio in Giurisprudenza nel lontano 1996 con una tesi in Diritto della Comunità Europea.
Quindi non un euro- scettico, bensì un euro-tradito, e si sa che le persone tradite sono i peggiori critici (forse non del tutto obiettivi è vero) della persona che ha posto in essere il  tradimento.
In questo caso è stata tradita un’idea, a mio parere, l’idea che mi aveva affascinato, quella che nasceva dal Manifesto di Ventotene.
Forse sarebbe necessario un passo indietro, una profonda riflessione sul “Mostro Europa” e sulla sua deriva, e perché no, con tanta nostalgia, la ricostruzione di alcuni confini e frontiere che abbattano l’omologazione europea, in cui la mozzarella di bufala campana ha lo stesso valore della mozzarella prodotta (solo a titolo di esempio) in Romania, o il gulash ungherese lo stesso di quello servito nei ristoranti maiorchini.
E’ nella diversità che si costruisce , nel particolare, l’universalismo, l’omologazione,  ha fatto danni che la storia non sempre è stata capace di colmare.
Sogno ancora di attraversare confini e incontrare gente “diversa” ,“altra da me” che si senta cittadina di uno stato che sente come “casa” e che in questa “casa” si specchi e sia pronta ad accogliere lo “straniero”.
Non siamo europei, nè lo saremo mai, siamo ognuno un’idea diversa di Europa, omogeneizzata e umiliata dalla buro-idea di Bruxelles.

Benvenuta Croazia nonostante tutto, che ci siano feste e fuochi d’artificio per festeggiare l’Europa che viene, senza dimenticare le radici che abbiamo e cosa e chi siamo al di là del “bollino U.E.”

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...