lunedì 28 febbraio 2011

Le mie radici


Come un albero affonda con le sue radici nella terra e dalla terra riceve il suo nutrimento e la sua forza, così ognuno noi  è quello che sono le sue radici, e la terra da cui trae la sua storia.
La mie radici affondano: 

in mio padre e nei suoi silenzi, nella sua infinita cultura e rispetto per l’altro. Da lui ho imparato il valore del lavoro e del viaggiare, della cultura e della ricerca continua del senso del mondo. In quel viaggio di tanti anni fa verso l’Unione Sovietica in nave, forse neanche lo immagina, ma mio padre ha dato l’inizio ad una profonda “scrittura di me stesso” che mi rende quello che in parte ora sono

in mia madre e la sua forza, la sua caparbietà nel portare avanti un progetto nonostante tutto e tutti. Da lei ho imparato a superare le difficoltà, a vedere sempre il volto positivo delle cose, ad avere un profondo rispetto per l’altro e per la sua diversità. Mi ha donato la sua religiosità e il suo amore e soprattutto mi ha insegnato l’importanza della libertà

nei miei nonni che ho avuto poco tempo per conoscere, uno una spirito libero precursore dei tempi, l’altro un timido falegname di grande dolcezza

nelle mie nonne. Quella paterna di cui ho un ricordo dolce e amaro per non essere stato presente il giorno del suo funerale, quella materna con cui per anni ho vissuto serate a vedere western, telenovelas e partite di calcio e che ogni giorno ci regala sapienza,a more e forza nell’affrontare la vita anche nei momenti bui, che pure ci sono stati e che la vita comunque ci darà

in mio fratello e nel suo amore incrollabile per la musica. Se la musica non può cambiare il mondo di sicuro può rendere le vite singole indimenticabili


in Clara naturalmente, nell’amore che costruiamo giorno per giorno nella nostra diversità, nella libertà con cui viviamo il nostro essere insieme, nella sua forza e nella sua voglia di cambiare il mondo nonostante tutto e tutti

in martina, katka, siska, bistrik, lucia , le famiglie di Trencin, in tutto quello che nel corso degli anni siamo riusciti a costruire nel rispetto e nell’amore e che ci ha fatti ritrovare dopo diciotto anni come se il tempo non fosse mai passato, come se il discorso non si fosse mai interrotto

nella gente che ho incontrato negli ultimi quattro anni a Capo Verde, nel mare che avvolge le isole, nel deserto, nei sorrisi dei bimbi, e nei pianti dei grandi, nella lentezza e nella riflessione sul giorno che muore davanti ad un tramonto

in Alberto che è stato per un tempo purtroppo breve della mia esistenza, padre, amico, fratello, che ti sia dolce il viaggio e la meta

in Monica, Francesco e la loro stupenda famiglia, un luogo dove tornare quando tutto intorno sembra buio. La vostra luce e il vostro amore colma i cuori e riempi di gioia gli occhi.

in tutte le persone che anche senza saperlo mi hanno donato  qualcosa che vivrà sempre nella parte di me che conserva le cose più belle e nascoste e in cui il bambino che è dentro di noi si rifugia nei momenti di grande tristezza alla ricerca della tenerezza dei ricordi

nel pensiero di Gandhi e nella non violenza che guida la mia vita ma che è così difficile da realizzare
nella fede, sempre più personale , forse, ma che guida e guiderà sempre la mia vita. Non posso pensare ad un giorno senza speranza e fede in qualcosa che è oltre di me

nelle città che ho visitato e in cui mi sono sentito a casa

nella città Sarajevo, nella sua gente, nel suo miracolo quotidiano, non riesco a spiegare neanche a me stesso il perché, ma è una sorta di legame di sangue, e di amore profondo per ogni roccia e goccia di quella terra

nella musica e nella poesia degli sguardi

negli amori che ogni giorno costruiamo e che spesso ci neghiamo

nella tenerezza che deve sempre guidare il nostro agire  anche nel momento in cui siamo costretti a prendere decisioni terribili e dolorose

nel rispetto,  non c’è vita senza rispetto
nella libertà che finisce dove inizia quella dell’altro

nell’amore in tutte le sue forme

nel sogno che ogni persona che ho incontrato mi ha donato

negli abbracci dati e in quelli sono appena accennati

in tutto questo e in tutto quello che non ricordo e che si nasconde nelle pagine del libro nascosto che ognuno di noi scrive giorno per giorno

Questo sono io e queste sono le mie radici  



mercoledì 9 febbraio 2011

Dalla parte dei vinti senza redenzione parte 2!

Dal 27 gennaio, giorno della memoria sono accadute tante cose tristi, l'ultima è quella avvenuta qualche giorno fa. Sono morti altri quattro bambini rom, si proprio i figli di quei vinti senza redenzione di cui ho parlato nel precedente post. La città oggi si è fermata, è lutto cittadino, ma siamo sicuri che davvero tutti abbiano percepito l'infinita tragedia? Non sono solo i morti di oggi, quei bambini erano già morti prima nella nostra coscienza, nel nostro giudizio, considerati come bestie. Ci sono una serie infinita di pregiudizi che si autoalimentano sui Rom. Devo dire, onestamente, che anch'io non ne sono immune, ma viaggiando ho imparato a conoscere meglio alcune sfaccettature del problema, se problema esiste, e ho imparato ad andare oltre il "fascismo" di chi fa "di tutta l'erba un fascio". Utilizzando il messaggio veicolato da una pubblicità sulla diversità sessuale, quando incontro una persona per strada, nei bus, in treno, in viaggio, mi interessa sapere se è Rom, italiano, polacco, senegalese o non importa? Cosa mi interessa in chi incontro la sua appartenenza etnica o la sua storia di uomo che viaggia il mondo? E di fronte a una morte , mi interessa che sia Rom o italiano o che sia morto senza colpa? Ognuno di noi porta con se pregiudizi con cui deve convivere, chi ne diviene schiavo diventa razzista, chi accetta il suo pregiudizio e cerca di superarlo pur tra mille difficoltà e cadute è un uomo, o almeno cerca di esserlo.
"Qualche Rom si è fermato italiano come un rame ad imbrunire sul muro..." canta De Andrè in una sua immensa poesia, ricordiamo questi piccoli rom fermatisi italiani, e che non hanno visto il loro futuro nascere all'alba.

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...