venerdì 12 maggio 2023

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni settanta riuscì a combatter il vaiolo, la sedicesima edizione del Beldocs, The Intenational Documentary Festival a Belgrado. Il Beldocs è uno dei più importanti festival del settore e ospita una sezione speciale "Beldocs Industry" dedicata all'incontro tra produttori e creatori alla ricerca di sponsorizzazioni per i loro progetti. La prima vera giornata del Festival ha visto sovrapporsi attualità e memoria in molti dei film presentati. Ma soprattutto, sia nella serata di apertuta, che nella prima serata ufficiale, gli ospiti serbi e stranieri hanno tributato la vicinanza alla popolazione di Belgrado e di tutta la Serbia per quanto di terribile accaduto alla scuola di Kralija Milutina, strada divenuta famosa, prima di questo efferato gesto per la presenza del murale su Putin posto a pochi metri dalla scuola e più volte "reintepretato".
Nella mattinata di ieri sono andato anch'io a rendere omaggio alle vittime ed è stato davvero straziante e indescrivibile. Difficile concepire tanto male e darne un senso. Attuallità e memoria dicevo si sono rincorse nella giornata di ieri. La memoria difficile di quel che è stato è emersa con forza nei due corti che ho potuto seguire ieri: "And the River still flows" (And the River Still Flows | Beldocs) di Jelena Radenovic, un viaggio alla ricerca della casa perduta e delle proprie radici sdradicate nel Kosovo di oggi, e "Balls" della regista Gorana Jovanovic (Balls | Beldocs), dove ci chiede se è vero, nella narrativa popolare, che il calcio ha dato inizio alla guerra, può essere il calcio oggi veicolo di pacificazione? Tutto parte dalle immagini d'epoca di una storica partita tra Partizan Belgrado e Hajduk Spalato e dalla bandiera jugoslava bruciata, se ricordo bene, dai tifosi croati. In serata poi l'attualità è entrata senza filtri nella sala del Belgrade Youth Center, con la proiezione de documntario "20 giorni a Mariupol" di Mstysval Chernov, il reportage completo dei primi giorni di assedio della città da parte delle forze filo russe. https://www.beldocs.rs/en/product/20-days-in-mariupol/
Un documentario, verrebbe da dire, da "maneggiare con cautela". Per il semplice motivo che alcune di queste sequenze in maniera fortunosa furono inviate dalla troupe di Chernov in modo fortunoso all'Associated Press durante l'assedio e vennero tacciate di essere pura propaganda da parte delle forze russe. Ricordo che si arrivò addirittura a pensare che fosse stato creato una sorta di set da parte del regista e giornalista ucraino. Non bisogna essere ingenui, la propaganda esiste ed è ben sfruttata dalle parti in conflitto in tutte le guerre compresa l'ultima in senso cronologico che viene portata avanti in Europa. Ma se si guarda con attenzione l'intero reportage di Chernov, si può essere quasi sicuri che il regista poco abbia potuto inventare o creare su un set. La dura e nuda realtà della guerra ci viene buttata addosso senza filtri così com'è, i carrarmati sono veri, vere le donne gravide sventrate( vi ricordate? si diceva fosse una modella), veri i neonati morti di parto o subito dopo, e vera la rabbia e il dubbio. "La guerra è come i raggi X" dice un medico nel film "rivela l'uomo per quel che è, se è un uomo buono lo sarà ancor di più, così come se era cattivo sarà sempre più crudele", e la rabbia di un altro medico mentre cerca di rianimare un bimbo colpito da una granata "fatelo vedere a Putin questo". Propaganda? Non so io ho visto solo rabbia, paura, dolore e sconcerto soprattutto in tanti anziani e nella gente tutta che dopo venti giorni ha iniziato a chiedersi "ma chi ci sta bombardando?". E poi il giudizio sui giornalisti "siete delle prostitute" e la rassegnazione di chi scappa dalla sua casa distrutta "Dove sta andando?" chiede il giornalista? L'uomo con un carrello su cui ha messo insieme le sue poche cose: "da mia moglie ... ormai la mia casa è distrutta". E poi una domanda davvero ridicola da parte del giornalista: " E come è successo?". L'uomo sorride amaro: "secondo lei? E' una guerra ... cosa possiamo farci?". 2O giorni a Mariupol andrebbe visto, come si faceva una volta, in un cineforum, magari in parallelo con un film realizzato negli stessi luoghi da giornalisti dell'altra parte in conflitto. Sono certo che anche nell'altro documentario vedremmo le stesse terribili immagini, la stessa paura, la stessa rabbia, lo stesso sconcerto, solo in una lingua leggermente differente. E andrebbe vista con un psicologo in sala, per aiutare chi ieri alla fine della proiezione è scoppiato in un lungo pianto straziante durato minuti e che abbiamo accomppagnato a braccia fuori dalla sala. Perchè questa è la guerra reale non la geopolitica che tanto piace ai talk show italiani.

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...