venerdì 17 febbraio 2012

guardando verso il mondo

Ho posizionato il tavolo del salotto in una posizione ottimale, di sbieco in modo da poter guardare, o meglio ascoltare, il mondo da quella che una volta era una scatola sonora ed ora è più che altro una sottile lastra nera, e al tempo stesso guardare una piccola porzione di mondo che sembra rimandare a viaggi invernali. Dalla finestra- balcone del mio salotto posso vedere una parte del torrione romano, un albero, una panchina dove spesso si siede qualcuno a leggere il giornale, e posso immaginare, perdendomi, che da questo punto inizi il viaggio,che a pochi passi da me ci sia l'Oceano, le isole di Capo Verde, o le città dei miei amati balcani, la gente criola e la gente "slava", e pensare a quanto siano riduttive e fuorvianti le "catalogazioni".
Dal mio angolo di mondo penso a quello che è stato, a quello che sarà, a le cose fatte, quelle rimaste sospese per un tempo indefinito, a quelle ancora da fare, sperando che ce ne siano sempre, perchè la vita finisce, quando finisce il desiderio di scoprire, di sperimentare, provare, sbagliare, perdere e vincere, qualche volta.
E intanto guardo il mio mondo perduto tra l'Atlantico e i monti dei Balcani e vorrei tanto essere in mille posti contemporaneamente e guadare in volo, come i personaggi di Chagall, osservare cosa succede senza interferire, come una sorta di vouyer dell'anima.
Ma intanto davanti a me un albero, una panchina, un torrione romano e la fantasia che crea mondi.

domenica 5 febbraio 2012

Transbalkan express: Ricordi di neve.

Neve su Roma.Oggi ne rimangono le tracce, il ghiaccio, il silenzio. Nello stereo il cd  Siamese Dream degli Smashing Pumpkins a coccolarmi l'anima, e il ricordo di altre nevi, di treni che nonostante tutto vanno avanti senza problemi verso la meta.
Aprile 2011. In piena tempesta dottorale, decido di fuggire a Belgrado per trovare nel viaggio un senso alla distruzione quotidiana del mio lavoro dottorale. A torto o a ragione non so, e francamente adesso che tutto è finito poco m'interessa. Ma ad aprile il mio cuore era spezzato come la mia voglia di credere ancora in quel percorso che mi aveva portato ad amare l'antropologia. Belgrado da subito non mi piace, sarà l'umore, dopo due giorni e un concerto dei Guano Apes, decido di realizzare un sogno nonostante il malumore, il viaggio in treno sull'espresso che da due anni unisce di nuovo Belgrado a Sarajevo. Il convoglio è formato da tre carrozze con il colore delle tre nazioni che attraverserà la Serbia, la Croazia e la Bosnia Erzegovina. Il treno parte puntuale attraversa l'immensa periferia di Novi Beograd, alcuni campi nomadi e punta verso il confine tra Serbia e Croazia, lo attraversa a Sid. In territorio Croato si ferma alle stazioni di Tovarnik e Vinkovci per poi attraversare il confine tra Croazia e Bosnia a Strizivojna Vrpolje. Due confini, due timbri sul mio passaporto. Poca gente nel treno posso fare delle foto delle stazioni, qualche breve video. Il treno sempre arrancando a 30 km all'ora si avvicina a Doboj una delle fermate più importanti in territorio bosniaco. Il controllore entra nel mio scompartimento e imbarazzato cerca di spiegarmi qualcosa, non sapendo come fare mi dice "Wagon rauss"... con un gesto inequivocabile, il vagone a Doboj verrà staccato. Cambio vagone, il treno arriva aDoboj, sono già sette ore che sono sul treno e ho fame e sete. Scendo nella stazione alla ricerca di qualcosa da mangiare o bere, ma ho paura che il treno riparta, così ritorno nello scompartimento e trovo un militare in mimetica seduto di fronte a me. Ci guardiamo lui inizialmente mi parla in bosniaco, poi in Inglese mi chiede da dove vengo, gli dico che sono italiano, lui dice di avermi notato perchè mi aggiravo spaesato nella stazione. Si chiama Semir Blazevic è militare a Doboj, è di religione musulmana ma il suo capo è di etnia serba, vanno d'accordo, nonostante tutto il suo lavoro è interessante. Divide con me una pitta al formaggio, parliamo di tutto, per ogni stazione in cui ci fermiamo mi traccia la mappa etnica della città. Gli chiedo perchè il treno quando riparte dalla stazione si ferma e fischia, e perchè lo fa spesso durante il cammino. Mi fa notare che non ci sono più i segnali che indicano la via impedita e i passaggi a livello, durante la guerra sono stati distrutti e da allora mai più riprisitinati, quindi il treno ad ogni stazione o passaggio a livello si ferma e fischia per indicare il passaggio. Il problema, dice, è di notte, spesso vengono travolti animali, qualche volta delle persone. Scende a Visoko Semir. Arrivo a Sarajevo alle 17 circa 9 ore e più dalla partenza, un  viaggio mitico, un mal di testa epico. La sera mangio in un ristorante popolare all'interno del mercato vicino la cattedrale. Crollo distrutto e...
Al mattino mi sveglio, e c'è un silenzio incredibile, la luce è abbagliante, apro le tende della stanza e... la neve, la neve copre Sarajevo, solo qualche ora prima la sera la gente era in giro quasi in maglietta. E oggi nevica, è bella Sarajevo coperta dalla neve. Rimango poche ore, il tempo di incontrare una ragazza che fa parte dell'associazione messa su da Jovan Dijviak, e di prendere un pullman nella parte serba di Sarajevo Lukavica, 40 minuti di macchina dal centro, un altro mondo, dove puoi pagare in dinari. Il pullman passa per Pale nella Repubblica Spsrska, nota per essere stata la roccaforte dei serbi di bosnia, sfiora Goradze, e poi entra in Serbia. Neve intorno, sui monti dove molta gente è morta senza capire veramente perchè.
Neve, neve anche in un altro viaggio di poche settimane fa, un viaggio ai confini tra Serbia e Bosnia in un paese inventato da un regista visionario, ma questa è un'altra storia e se avrete pazienza ve la racconterò, quando avrà urgenza di uscire dal cuore per essere donata. Non prima, non ora. Vi lascio con una canzone... buona serata.

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...