lunedì 10 giugno 2019

Come ho imparato ad amare i Pearl Jam

Oggi non parliamo di Balcani né di oceani, anche se il gruppo di cui parlo oggi una canzone sugli oceani l'ha scritta ed è meravigliosa.
Oggi parliamo dei Pearl Jam ma non in modo filologico bensì in modo strettamente emozionale.
Faccio outing, non sono un fan dei Pearl Jam della primissima ora. Questo scettro va sicuramente ex aequo a mio fratello e Fabio Cia che da sempre sono fan dei Pearl Jam e c'erano già al concerto del 1996 al Palalottomatica.
Ma fan di questo gruppo di brave persone e grandi poeti e musicisti ci sono diventato col tempo leggendo i tesi delle loro canzoni, seguendo il loro impegno in battaglie sociali e soprattutto osservando il loro dolore davanti alla morte di quei ragazzi venuti ad ascoltarli a Roskilde.
Nel pianto di Eddie Vedder c'era tutta la fragilità di quel ragazzo nudo nella sua intimità davanti alla morte.
Dopo Roskilde il mondo dei Pearl jam non è stato più lo stesso ed è cambiata del tutto la mia percezione del loro mondo e della loro musica.
Ho iniziato a leggere i loro testi perché la musica non mi bastava più e attraverso i testi ho iniziato ad innamorarmi del loro modo di vivere e percepire la musica, l'impegno, la vita.
Così insieme ai Rockers (I due Fabio e Roberto) abbiamo iniziato a girare l'Europa al seguito dei concerti dei Pearl Jam, sempre unici anche quando magari non sono sembrati in grandissima forma.
Chiaramente mi è stato difficile non essere attratto dalla persona e dalla poetica di Eddie Vedder di cui ho imparato a leggere il mondo nascosto tra le righe delle sue poesie in musica.
E così seguendo i Pearl Jam per l'Europa un giorno riuscii a coronare il sogno di incontrare Eddie.
Galeotto fu un ritardo aereo all'aeroporto di Lisbona, due giorni dopo il concerto bellissimo a Zambujeira do Mar.
Ero lì che sbuffavo e giravo a vuoto nell'aeroporto quando da lontano vedo un ometto arrivare accompagnato da un ragazzo di colore che poi avrei scoperto essere la sua "guardia del corpo". Una t-shirt grigia e il cappello del tour. Non so chi mi ha dato l'ardire di avvicinarlo e parlarci (visto che poi non ho avuto il coraggio neanche di chiedergli una foto) facendogli i complimenti per il concerto. Mi rimane nel cuore il suo sorriso e quasi la sua sorpresa nel dirmi "Ah you was there? … great", e la stretta di mano prima di andare via.
Cose che non si dimenticano.
Come l'essere ospiti dello stesso Eddie Vedder nel backstage a Milano (anche se per alcuni motivi non lo incontrammo di persona).
E tra pochi giorni si torna ad ascoltare la sua poesia dopo i monumentali concerti dei Pearl Jam dello scorso anno a Padova e Roma, a Firenze dove due anni fa cadde addirittura una stella cadente.
E sono certo che sarà comunque una serata magica.
Perché di questo abbiamo bisogno di poesia, magia e speranza.
E amore naturalmente in tutte le sue forme.
Ringrazio Dio di avermi fatto vivere in un mondo in cui esistono i Pearl Jam.
https://www.youtube.com/watch?v=MKdQfj6API0

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