martedì 22 ottobre 2013

Madina Mayurka 22.10.2013. Riflessioni di fine stagione.



22 ottobre , Maiorca, quasi un mese dalla fine dell’estate, pieno autunno, temperatura 26 gradi, spiaggia deserta o quasi, mare settembrino.
La pace è tornata sull’isola dopo i “disturbi turistici” dell’estate, ora la spiaggia è quasi del tutto dei residenti siano essi maiorchini o nuovi residenti.
Le orde di hooligans inglesi che hanno messo a ferro e fuoco Magaluf sono ritornati a riempire gli stadi e i pub nella nativa albione, lasciando la località turistica di calvià al suo tranquillo letargo invernale.
Anche l’Arenal, dove mi trovo oggi, è semi vuoto, sono scomparsi anche i tedeschi, il Mega Park è chiuso al termine dell’Oktober Fest e pian piano si smontano i bar dei “Balnearios”.
Qualche aereo si alza in volo dall’aeroporto di Son Sant Joan, poca cosa rispetto al traffico convulso dei mesi estivi (una partenza e un arrivo quasi ogni minuto).
La scomparsa del genere “turista” ( anche quello russo è scomparso se ne parlerà il prossimo maggio) se da una parte porta ad una “pacificazione degli arenili”, dall’altra porta ad un progressivo isolamento di Maiorca rispetto al resto dell’Europa e del Mondo.
D’estate se si guarda alla tabella delle destinazioni dei voli, è tutto un ripasso di geografia e soprattutto un mondo di scoperte, ad esempio devo ancora capire dove si trovi Vnukovo, e alcuni paesi scandivano che sembrano usciti da un libro del Signore degli Anelli o da un album dei Sigur Ros.
Da un paio di settimana sono scomparse tutte le destinazioni “esotiche” e Maiorca resta ben collegata con Barcellona e Madrid, sufficientemente collegata con Valencia , mal collegata con il resto della Spagna e del mondo.
Anche Air Berlin ha deciso di limitare all’essenziale i voli per e da la Germania, questo nonostante vivano almeno 20.000 residenti tedeschi a Maiorca. La mancanza di una progettualità turistica per il periodo invernale , la chiusura del 90% degli alberghi nell’isola, non consente di pensare a notevoli spostamenti persone verso l’isola.
Eppure Maiorca ha tutto per attrarre i turisti anche in inverno, cultura, natura, gastronomia e perché no bellissime e talvolta insperate giornate di sole. Ma è incredibile come l’isola in cui più di cinquanta anni fa nacque il turismo “all inclusive”, ancora non riesca, nonostante tutto, a liberarsi del fardello di questo figlio ingombrante e onnivoro.
L’isolamento ( la parola stessa deriva se non sbaglio da isola) è una realtà per chi vive in un pezzo di terra con il mare intorno. E’ sicuramente anche una condizione psicologica, ma ancora di più è una sensazione fisica.
C’è il mare intorno, il mare che unisce e divide, che ti fa sognare e maledire, che porta sogni e li spegne.
Superare il confine del mare è possibile solo in nave o in aereo, non ci sono altri mezzi e spesso la vita ti costringe ad essere in luogo in fretta e in un’isola la fretta non puoi permettertela.
Devi aspettare un aereo o una nave, sperare che arrivi in tempo e sperare che parta subito, all’isola non importa cosa succede nel tuo lontano paese natio, conta solo il tempo dell’isola.
L’isolamento maiorchino è mitigato dalla possibilità di avere a pochi chilometri un grande scalo aereo come Barcellona, da dove aspettando magari molte ore puoi comunque raggiungere il resto dell’Europa.
Ma non tutte le isole hanno questa fortuna.
Altre immagini, un altro arcipelago, un altro mare, l’Oceano, Capo verde, isola di Brava.
A Brava non c’è l’aeroporto, la nave da Santiago parte una volta alla settimana e non ha un giorno o un orario fisso, dipende dalle condizioni del mare. Ogni tanto c’è un piccolo “barchino” che collega il porto di Furna con la vicina isola di Fogo, ma anche questo è irregolare e il braccio di mare tra le due isole è terribile.
A Brava non importa se tu sia un uomo qualunque, un politico o un regnante, se la nave non arriva rimani lì prigioniero dell’isola in attesa che qualcosa succeda.
Poco importa se c’è qualcuno che ti attende, o se qualcuno sta per andare via forse per sempre, l’isola è l’isola e questa è la sua maledizione e la sua benedizione.
Capo Verde.
Guardo il mare di Maiorca e ogni volta mi sembra di vivere in un altro luogo, immagini si sovrappongono. La spiaggia dell’Arenal si confonde con la più bella e selvaggia spiaggia di santa Monica a Boavista (selvaggia ora un po’ di meno mi dicono dalla costruzione di un immenso Resort).  La luce accecante del sole, il vento costante, la semplicità della gente, sono lontani da questa spiaggia maiorchina, eppure sono sempre presenti e indimenticabili.
Sono anni che cerco di raccontare quello che non era possibile scrivere in una tesi di dottorato, ma ogni volta qualcosa mi blocca e non sono in grado di andare avanti.
Ma sono storie che varrebbe la pena raccontare , viaggi per mare e per aria , per terra e per la vita.
Verrà il tempo, e forse il mare mi concilierà i ricordi.
Oggi sono qui sulla lunga spiaggia dell’Arenal, Palma di Maiorca, l’estate è finita, poca gente sulla spiaggia, il sole però è alto e forte e l’acqua è fredda quanto basta.
Un po’ di foschia all’orizzonte che nasconde memorie di un altro arcipelago.
Memorie che si sovrappongono e che si inseguono come onde del mare.

martedì 15 ottobre 2013

Priebke, il rispetto, la memoria e la carità cristiana

Volevo rispettare un doveroso silenzio rispettoso di tutto e di tutti in questa triste, orrenda, grottesca e crudele vicenda, ma dentro di me, come succede spesso, si agitano mille pensieri e devo tenere a freno eventuali affermazioni che potrebbero offendere.

Ecco, offendere, offesa, sono le parole che più contraddistinguono questa storia di cento anni di vita.

La vita di Priebke è un offesa all'umanità? Lo stesso Priebke si è sentito offeso di qualcosa nella sua vita? Oppure gli unici a sentirsi veramente offesi dovrebbero essere i parenti delle vittime?

Offesa, è un offesa all'umanità, mi dispiace per chi la pensa in modo diverso, un'offesa ai diritti elementari dell'uomo e lasciatemelo dire un'offesa terribile alla carità.

Bisogna dargli sepoltura? fargli un bel funerale degno del miglior cristiano?

E perchè? Si è forse pentito di quello che ha fatto il Sig. Priebke? No, lui eseguiva ordini. Ne siamo certi?

La chiesa in alcune occasioni ha rifiutato i sacramenti a chi con profondo dolore ha deciso di mettere fine alla propria vita, ora nonostante tutto apre le porte a chi la morte l'ha ampiamente diffusa. Qual'è il peccato o il reato peggiore? Uccidersi perchè non riesce più a vivere o uccidere "per giusta causa"?

Mi tremano le mani di rabbia al pensiero di Welby, considerato quasi un criminale, si può condividere o meno la sua scelta, ma allora dov'era la carità cristiana? Dov'era nel caso di Elauna Englaro?

Non posso condividere il funerale cattolico per una bestia, questo perchè parenti di vittime di bestie come lui io ho avuto la fortuna di conoscerle.

Anni fa ho avuto la fortuna, si proprio così, la fortuna di portare avanti un pezzo di una bella ricerca sulla ricostruzione della memoria pubblica della strage di Sant'Anna di Stazzema, e ho avuto modo di guardare in faccia "il dolore degli altri" senza barriere, senza la mediazione dei mezzi di "distrazione di massa" come direbbe Pelù. E' per rispetto al loro dolore che non posso accettare tanta carità per un uomo che si è fatto bestia fino in fondo, senza neanche avere la forza di fare quel gesto, forse ipocrita, ma lo saprebbe solo lui, di pentirsi di quanto fatto.

No l'uomo è orgoglioso di quello che fa, e lui lo è stato fino in fondo.

Una canzone dei Manic Street Preachers recita: " If you tolerate this then your childrens would be next", e io non posso tolerarlo perchè la prossima giustificazione sarà per il pedofilo, per l'assassino seriale, per tutte le forme di terribile banalità del male.

Il male non ha sempre lo stesso peso e valore, una cosa è uccidere, cosa terribile, per legittima difesa, una cosa è uccidere con scienza e coscienza.

Come ha ucciso Priebke e tanti altri con lui, a cui molti conniventi hanno dato una lunga vita lontana dalle morti provocate. E allora lo seppeliscano nel suolo del paese che lo ha generato se lo vorrà, sperando che la natura lo sappia perdonare e dal suo tronco infetto nasca comunque qualcosa di buono.

La natura sa perdonare.

Quest'uomo, perchè uomo e non Dio, mi dispiace, no.

mercoledì 9 ottobre 2013

L'Europa oltre Lampedusa

Ci ho pensato bene prima di scrivere qualcosa su quanto successo a Lampedusa e ancora ci sto riflettendo mentre scrivo, devo combattere tra lo scagliarmi contro i soliti noti, prendermela con meno noti e superare i miei stessi pregiudizi e paure.
perchè dopo quello che è successo a Lampedusa, l'11 settembre dell'Europa degli indifferenti, c'è da avere paura.
Paura di chi?
Degli idioti prima di tutto. Solo un idiota può pensare che un disperato che fugge da un paese in guerra e ridotto alla fame, prima di partire si colleghi sul web per vedere dove andrà ad approdare con un barcone che non sa nenache da dove partirà, e magari si ascolti i discorsi della Boldrini e della Kyenge. Si sono mai domandati i signori quanti internet point, televisioni, radio siano in funzione a Mogadiscio, nell'intera Somalia o nell'intera Eritrea? Quanta ignoranza e eurocentrismo, finiamo per vedere il mondo solo dalla nostra poltrone non riuscendo a capire che spesso può essere diverso e drammatico più della nostra crisi.

Bisogna aver paura che un giorno la resistente e empatica fino alle lacrime popolazione di un isola coraggiosa come Lampedusa, crolli e decida di non seguire la legge del mare e lasci davvero i fratelli in balia della loro sorte. Gli eroi crollano prima o poi, e gli abitanti di Lampedusa sono eroi.

paura dei burocrati di bruxelles così lontani dal comprendere che non più di migrazione si parla ma di tragedia.

Bisogna aver paura del simile più che del diverso e del non detto che alberga in tanti di noi, ognuno di noi combatte con i propri pregiudizi e paure, chissà chi l'avrà vinta.

Bisogna aver paura dell'omologazione e del pressapochismo: quando si parla di aiutari nei loro paesi, di quali paesi stiamo parlando, quelli da dove provengono o quelli in cui transitano?

Bisogna aver paura della trama che viene tessuta dietro le figure maledette degli scafisti. Chi c'è dietro, quanta è estesa la rete di connivenze e macchinazioni? Chi ci guadagna anche in Occidente?

Bisogna avere paura certo ma anche tentare strade per cercare di affrontare questa smisurata disperazione migrante.

E allora:

- il reato di immigrazione non può esistere, è inconcepibile anche solo per la legge naturale, tutti lasciamo liberi, abbiamo un nome e un cognome un dna che ci rende unici, non nasciamo clandestini. Se una persona che è vive sul territorio italiano e che vi risiede per qualunque motivo e nazionalità commette un reato è allora e solo allora che può essere indagato e condannato, non perchè entra in un paese. La durezza delle pene deve essere condivisa da chiunque commette un reato sia esso italiano o straniero, ma essere considerato clandestino non può essere considerato un reato.

- va affrontato ogni aspetto del problema e superati diversi pregiudizi anche di livello "umanitario". E' innegabile che qualcuno guadagni qualcosa anche dall'assistenza agli ultimi, anche queste cose vanno chiarite e affrontate anche a livello comunitario.

- non serve a nulla rimandare le persone indietro in aereo o nave, ma cercare di capire cosa accade non solo nei paesi da cui provengono ma soprattutto nei paesi di transito, cercare accordi per andare in qualche modo a stanare la rete di maledetti mercanti di persone. Non mi dite che chi è riuscito a trovare e uccidere i più grandi terroristi della storia non sia in grado di colpire e minare l'organizzazione degli scafisti. Il problema è che i profughi non sono una risorsa economica e non interessano a nessuno fino a quando approdano sulle coste della fragile fortezza Europa.

Il problema è complesso ma va affrontato senza pregiudizi da ogni parte altrimenti sarà il solito confrontarsi di buonisti e presunti fascio-idioti. la realtà è più complessa e quest'ultima immane tragedia ci dovrebbe far comprendere che è tardi per le polemiche e le dichiarazioni d'intenti ed è tempo di agire andando a colpire chi si arrichisce dietro questa infamante povertà, senza se e senza ma, "senza perdere la tenerezza" come diceva un uomo morto anni fa.

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...