lunedì 20 giugno 2016

PGGV n. 2 Dalla Stazione di Titan Sud al Danubio: dove Romania e Bulgaria non s'incontrano.


Immaginate di attraversare una città intera in Metro e di fermarvi nelle stazioni che più vi colpiscono per via di nomi inusuali, accattivanti.
Immaginate poi che questa città sia Bucarest e la sua Metro pensata non per attraversare il centro ma per collegare periferie.
Immaginate allora di scendere alla Stazione Repubblica, che uno se la immagina in centro e che invece a Bucarest è posta in piena periferia.
Lo spaesato viaggiatore si troverà uscendo dalla metro, davanti ad una piazza che non è una piazza con al centro un capolinea che non assomiglia affatto ad un capolinea 

 la fabbrica FAUR, una sorta di centro commerciale e …

… Voltando lo sguardo verso sinistra con suo stupore si troverà di fronte ad una piccola stazione di periferia, dal nome altamente esotico e fiabesco, TITAN SUD.

Dite la verità a quanti di voi guardando questa foto e osservando la piccola stazione è venuto in mente il glorioso e fantascientifico Galaxy Express 999?
Titan Sud sembra davvero una delle fatiscenti e improbabili stazioni in cui si fermava il Galaxy Express nel suo vagabondare nella Galassia.
Dalla quasi fatiscente stazione, che però ha il wi fi libero, partono treni con un’unica destinazione, l’oscura, sconosciuta e per questo affascinante Oltenita.
Circa 16 treni al giorno tra andata e ritorno, fanno pensare comunque ad un centro importante , ma se si cerca su Wikipedia , le notizie su Oltenita sono davvero poche.
Si tratta di un porto rumeno sul Danubio ubicato nel distretto di Calarasi nella regione della Muntenia si trova di fronte alla città bulgara di Tutrakan.
Tutrakan, un altro nome fiabesco che fa immaginare luoghi usciti dalle città invisibili di Calvino. E in effetti a Tutrakan si svolse una delle più importanti battaglie della guerra della prima guerra mondiale sul fronte dei balcani, a quel tempo Tutrakan faceva parte della Romania e si chiamava Turtucaia.
Già con queste notizie Oltenita diventa più interessante, leggo poi che ha dato i natali ad uno dei presidenti della Romania Iliescu e che nei suoi cantieri è stato costruito il panfilo dell’ex dittatore Ceaucescu.
E’ già abbastanza, il viaggiatore inizia a fantasticare: anche se su vari siti di viaggi non risultano collegamenti regolari tra Oltenita e Tutrakan, ci saranno dei pescatori che collegano le due sponde, spera il viaggiatore.
Motivo in più per spingersi verso il Danubio.
E allora si parte.
Il treno annunciando la sua partenza si muove verso la campagna rumena. Prima stazione la fatiscente Bucarest Sud , quasi impercettibile , poi una sequela di piccole o quasi inesistenti stazioni per per la campagna.



La linea ferrata lambisce piccoli villaggi all'apparenza sporchi e semi abbandonati, villaggi di campagna abitati probabilmente da cittadini rumeni di etnia rom, almeno così sembra guardando i visi e i colori delle persone che scorrono dal finestrino.





L’arrivo ad Oltenita è pieno di speranze e illusioni, quelle che spingono il viaggiatore oltre il conosciuto, il mappato, il guidato.
La stazione di Oltenita  è un bell'edificio storico rimodernato.

 Dalla piazzetta davanti la stazione parte la via principale del paese, Boulevard della Repubblica , una delle strade parallele che danno la forma alla città razionalista.

Oltenita, scopro, infatti, è uno dei migliori esempi di razionalismo rumeno (c’è anche una pagina su Fb che ne parla), una città dall'aspetto curato anche se un po’ anonimo.



Non c’è molto, infatti, da vedere a Oltenita, un monumento ai caduti nella Guerra di Crimea

 una chiesa ortodossa

, aiuole piene di fiori, una "torre dell'acqua" è un piccolo museo della cultura e tradizioni della regione con un riferimento alla storia razionalista della città.
Per raggiungere il porto dove è stato costruito il panfilo dei Ceaucescu non ci sono mezzi pubblici, al massimo si può prendere un taxi, o noleggiare una bici o semplicemente andare a piedi, sono circa 3 i chilometri da percorrere su una strada  che attraversa prati di rossi papaveri e fabbriche abbandonate. 


Dopo la lunga camminata si arriva ad un bivio, a destra si va verso la foce del fiume Arges che ad Oltenita sfocia nel Danubio, a sinistra si va verso delle fabbriche all'apparenza abbandonate, e davanti verso ... il Porto?
Su google map e google street c'è l'indicazione di un porto turistico, e scopro di non essere l'unico a cercarlo. Un ragazzo in bicicletta mi chiede in Rumeno qualcosa, gli dico che non ho capito, mi chiede se so dov'è il porto, dico che lo sto cercando anch'io.
Allora il ragazzo chiede all'unica persona apparentemente presente nel luogo tranne i soliti cani randagi che sono ormai tristemente un simbolo della Romania, è il proprietario dell'unico ristorante della zona. Parlano per qualche minuto, poi il ragazzo si rivolge verso di me e mi dice : "E' questo".
Superato il ristorante di fronte c'è solo una banchina assolata e solitaria con alcune chiatte chiuse e all'apparenza in disuso, non una traccia di una barca, una lancia.



Sullo sfondo l'irrangiungibile riva destra del Danubio, la Bulgaria è li a pochi minuti ma sembra lontana miglialia di chilometri così lontana così vicina.
Tutrakan, Tuturcaia, la sua fortezza, rimarranno per me un miraggio, una meta impossibile da raggiungere, almeno questa volta. 

Se vorrò un giorno raggiungere Tutrakan dovrò scegliere altre vie, la più facile è attraversare il Danubio a Calarasi, raggiungere Silistra e da li Tutrakan per  magari guardare Oltenita per vedere l'effetto che fa.
Deluso dalla visita al porto di Oltenita mi avvio stancamente verso la strada con l'obiettivo di ritornare verso il centro e mangiare qualcosa.
Di fronte ad un edificio malandato ci sono il proprietario del ristorante (che nel frattempo ha chiuso) e una solitaria guardia di frontiera. Dubito che da Oltenita siano passati migranti provenienti dalle drammatiche terre Siriane e chissà forse non avrebbero trovato granchè resistenza. L'uomo sembra sconsolato e triste, e conferma la sua tristezza quando gli chiedo, ancora a conferma, dov'è il porto turistico, spalancando le braccia e guardando al cielo esclama : " Here... tourism no good".
Sono le 14 più o meno il prossimo treno per Oltenita è tra meno di 40 minuti, ce la posso fare a passo velocissimo, saltando il pranzo, e allora mi avvio veloce sullo stradone, il sole che batte forte e nella mente quella scena del film "I nuovi Mostri" quando il personaggio aristocratico interpretato da Alberto Sordi racconta al "malconcio" del suo giro in barca a vela in solitario: "E così compii quest'impresa. Feci il navigatore solitario. Giorno e notte, fra cielo e mare, mare e cielo. In questa natura, padrone del mondo. Lei non sa cosa vuol dire il navigatore solitario. Solo, nell'immensità del mare, in assoluta meditazione, a contatto della natura più pura, è allora che capisci... quanto sei stronzo, a compiere queste imprese, che non servono a un cazzo. ".
Ma in fin dei conti valeva comunque la pena essere arrivato qui.
 Nel  viaggio di ritorno verso Bucarest passano veloci dai vetri del treno, piccole e scalcinate stazioni, carretti trainati dai cavalli, persone intenti in chissà quale attività.




Un mondo ad altra velocità  che comunque andava raccontato e chissà che qualche malato della sindrome di wanderlust non si trovi un giorno a Bucarest e non decida di partire dal Sud di Titano verso il Danubio e trovi in queste righe lo stimolo a scoprire quel che si nasconde dietro l'insolito viaggiare.


Drum bun (Buon viaggio)

mercoledì 1 giugno 2016

Piccole Guide per Grandi Viaggiatori n.1. Gaeta, my hometown.

Eccoci al primo appuntamento con questa “collana”, Piccole Guide per Grandi Viaggiatori, viaggi in luoghi insoliti o in luoghi conosciuti ma visti da altre angolazioni o proposti attraverso percorsi alternativi.
Mi piaceva iniziare con un luogo a me molto vicino, in cui ho vissuto, ancora vivo, e spero di vivere sempre perché li sono forti le mie radici, la mia città natale, la Perla del Tirreno, Gaeta.


Ecco però che subito devo fare una precisazione, a Gaeta in realtà non ci sono nato, sono nato a pochi chilometri di distanza, a Formia che condivide con Gaeta il meraviglioso Golfo, questo perché l’ospedale non c’era ancora a Gaeta e quindi si nasceva un po’ più in la.
Tranne quelle poche ore in cui ho visto la luce, il mio legame con Formia è stato sempre molto labile  se non in qualche caso addirittura conflittuale. Il campanilismo tra Formia e Gaeta, infatti, è ben radicato e si esprime in varie forme che, però, in questa breve riflessione preferisco non approfondire.
Vi lascio con il titolo di una canzone di Andrea Parodi, soltanto omonimo dell’indimenticabile voce dei Tazenda , il quale ha colto una parte  del rapporto tra le due città del Golfo, “Formia ha Gaeta ma Gaeta Formia non ha”.


Eppure Gaeta dipende eccome da Formia, è li che arriverete con il treno se vorrete giungere da Napoli o da Roma (1.30 m. c.a. da Roma, 40 m. da Napoli, treni permettendo) ed è sempre lì che dovrete prendere il bus del Cotral che vi porterà a Gaeta.
Perché Gaeta che ora più o meno ha un Ospedale, prima aveva una ferrovia, la famosa “Littorina” che collegava Formia con Gaeta (inizialmente collegava Sparanise nel casertano con Gaeta), una delle linee dismesse che da tempo viene ripensata e riproposta senza successo.
Per chi vuole, si può prendere un buon caffè al Bar Old Station che è ospitato proprio in quella che era la Stazione di Gaeta.
Ma il viaggiatore arrivato a Gaeta cosa trova? Quali sono le attrattive della città?
Iniziamo col dire che dipende dal periodo dell’anno in cui viaggiatore si reca sulle rive del Tirreno.
In estate potrà godere della bella spiaggia di Serapo, dell’animazione (scarsa) dei locali a “Montesecco” e visitare alcuni monumenti e Chiese aperte al pubblico.
In inverno se trova qualcosa aperto può visitare i monumenti e le chiese che segnano in modo mirabile il territorio gaetano e farsi una bella passeggiata sulla spiaggia seguendo i movimenti del mare d’inverno in quasi completa solitudine.
Comunque, sia estate o inverno, un buon punto di partenza per una passeggiata a piedi è la cosiddetta “Piazza Roma” e in particolare lo storico Bar Triestina.
Seguendo il lungomare, superato il Comune e il Circolo Nautico, il viaggiatore potrà attraversare l’antica porta della città, quel che resta dell’antica cinta muraria, abbattuta negli anni settanta dal sindaco Corbo per dare “luce “ alla città, ma che da allora è stato fonte di polemiche mai sopite.
Superata la Porta , a sinistra si trova una cappelletta antica e subito dopo la tanto famosa/famigerata Base Nato. Il rapporto con gli Alleati delle Forze Italiane (AFI sulle targhe) e i gaetani è sempre stato ambivalente. Odiati per il fatto di essere visti da molti (soprattutto dai più giovani) come occupanti indesiderati, in realtà in qualche modo, affittando case e comprando (poco visto che avevano i loro spacci), in qualche modo muovevano l’asfittica economia gaetana soprattutto nei mesi invernali.


Seguendo ancora il lungomare si trova sulla destra la bella e antica Chiesa dell’Annunziata che vale davvero una visita soprattutto per la Cappella d’Oro dove Pio IX statuì il dogma dell’Immacolata Concezione. Affianco alla Chiesa l’ex Caserma Cosenz ora divenuto il Palazzo della Cultura, che pochi sanno essere stato uno dei luoghi in cui sono stati “ospitati” per qualche tempo persone che erano state costrette a lasciare tutto e che vennero spesso rifiutati anche dai propri connazionali, i profughi provenienti dall’Istria e la Dalmazia. Vale la pena soffermarsi a leggere la targa apposta vicino alla porta d’ingresso, per ricordare e rivivere una triste storia di emigrazione forzata.
Superata la Chiesa si arriva nel cuore della città vecchia, Piazza Traniello, dove affianco ai giardini giace, ahimè completamente abbandonato,  il bel palazzo della Gran  Guardia.
Se si supera il Bar Bazzanti (ma vi consiglio di fermarvi per un caffè dalla mia amica Barbara, il caffè è buono e la cortesia e il garbo lo rendono speciale) si prosegue verso una piazzetta dove si trovano alcuni buoni ristoranti e il Palazzo De Vio, sede del Museo Diocesano.
Alle spalle del Museo la Cattedrale da poco restaurata e riaperta al pubblico, con l’antico campanile, e i segni di una lunga storia, sono evidenti al suo interno i legami con i Borbone.


Superata la cattedrale si arriva la porticciolo e alla base della Finanza di Mare, si può visitare la piccola Chiesa di San Giovanni a Mare, che prende il suo nome dal fatto che il mare in tempi antichi entrava direttamente dentro la chiesa. Quando la visiterete, infatti, potrete notare come il pavimento sia leggermente in discesa e come ricordi l’entrata delle rimesse delle barche.
Ritornando verso Piazza Traniello seguendo il mare,  potrete scegliere se salire su Monte Orlando o rifare il percorso inverso che vi riporterà direttamente verso il borgo di Elena che è ora il centro vero e proprio di Gaeta.
Se decidete di salire le scalette che vi portano in alto potrete scegliere se dare uno sguardo ai due Castelli Angioino e Aragonese o voltando a sinistra proseguire verso la bella Chiesa di San Francesco, un falso gotico da cui si può vedere una delle viste più belle dell’intero Golfo.
Proseguendo sulla stradina che costeggia la collina potrete ammirare alcune  piccole chiese purtroppo quasi tutte abbandonate che raccontano storie e leggende della città.
Entrati nel Parco Regionale di Monte Orlando potete scegliere se salire fino alla vetta e scegliere uno dei percorsi storico-naturalistici creati dall’Ente Parco per la valorizzazione del patrimonio storico culturale del Monte e quindi arrivare fino al Mausoleo di Lucio Munazio Planco, visitando nel percorso le antiche polveriere e il Museo storico, oppure visitare direttamente  il Santuario della Montagna Spaccata, da cui si vede Gaeta tra i due mari, e dove si viene a conoscenza di una delle pagine leggendarie della città.


Dice la leggenda che un moro che non credeva che la montagna si fosse spaccata nel momento in cui Gesù gridò sulla Croce, con disprezzo mise le dita nella parete che divenne molle lasciando indelebile il segno della sua mano.
La mano del turco e la Grotta del Turco,  dove approdavano i saraceni, sono luoghi pieni di leggenda, storia e fede.


Scendendo da Monte Orlando si entra nel Borgo extra mura di Elena, da dove è iniziato il vostro percorso.
Vi consiglio di percorrere l’antica via Indipendenza e perdervi nei vicoli, seguendo le voci e gli odori,  assaporando  la vita quotidiana che ancora oggi vive di ritmi molto più rilassati.
Se si lascia Gaeta in macchina e si prende la Flacca in direzione Sperlonga si potranno ammirare alcune delle più belle spiagge del litorale pontino.
Le Spiagge dell’Ariana, dell’Arenauta e di San Vito si susseguono l’una dopo l’altra delimitate da scenografiche falesie. Per scendere sulla bella spiaggia dell’Arenauta si devono scendere centinaia di ripidi scalini, ma ne vale la pena, quella che vi troverete davanti è una spiaggia che poco ha da invidiare alle spiagge oceaniche dell’Alentejo portoghese.
Superata la spiaggia di san Vito, si scende verso la Piana di Sant’Agostino, uno dei miei luoghi dell’anima.


Tra queste dune ho passato gran parte della mia infanzia e adolescenza, scoprendo il mondo nella sua complessità e vivendo in un paradiso che difficilmente è riproducibile.
Passeggiate sulla lunga spiaggia facendovi cullare dal suono delle onde, magari fermatevi a prendere un caffè a Uso di Mare , che oltre ad avere un ottimo Ristorante è divenuto in poco tempo uno dei pochi luoghi della Movida notturna.
Oppure se vi piacciono le arrampicate dopo aver mangiato dal Bar da Guido un pezzo della famosa Tiella gaetana, una torta rustica che può essere di terra o di mare, a seconda che il suo ripieno siano i polipetti o la scarola, o le zucchine col formaggio e le uova o … le varianti sono davvero infinite, guardate il mare dall’alto della falesia.
Vi ho messo un po’ di curiosità? Spero di si.
Questa prima guida è un primo assaggio, le altre saranno più “estreme”, volevo però iniziare con un approccio quasi usuale e narrare un luogo quasi come lo narrerebbe una guida “ufficiale”.
Mi rendo conto di quanto sia difficile però scrivere del luogo in cui si è nati, restare il più possibile esterni a qualcosa di “interiore”, tenerne fuori la politica e le problematiche sociali e soprattutto limitare i riferimenti a locali, bar e attività che sono anche di persone molto conosciute. I pochi bar e ristoranti citati sono legati alla mia vita e sono stati citati solo per questo motivo.
Buon viaggio “easy”, dalla prossima settimana si parte per luoghi più lontani.
Ci si sposta nel vicino Est.
Dove?
Presto lo saprete.


Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...