venerdì 7 aprile 2017

Perché amo Sarajevo: una dichiarazione d'amore.

Amo Sarajevo per il caffè bosniaco, lungo, amaro, come a volte può essere la vita,
Il caffè con il consenso come lo chiama Kusturica, da bere all'aperto nel  centro della Bascarsjia aspirando anche involontariamente il fumo di mille sigarette. Qualcuno ha detto che se non li ha uccisi la guerra i bosniaci forse un giorno lo farà il fumo…
Amo Sarajevo per i suoi ponti sulla Miljacka. Una volta che sono stato lì e li ho fotografati tutti, poi ho perso la cartella con i file delle foto, sarà per quello ma ogni volta li ripercorro nella memoria e sembrano sempre più belli.
Amo Sarajevo perché su uno dei ponti c’è la targa che ricorda Moreno Locatelli che ha sfidato con i fiori in mano gli sniper e purtroppo ha perso la sua battaglia di pacifista ma ha segnato per sempre la vita di Sarajevo.
Amo Sarajevo per la Carsija, il mercato, le botteghe artigiane, i suoni, i profumi del caffè e delle spezie, il burek, i cevapcici, la birra, e la rakija.
Amo Sarajevo per il canto del muezzin che si confonde con il suono delle campane, per le fontane delle moschee, per la fontana Sebilj dove se bevi l’acqua è certo che un giorno ritornerai in quella che era chiamata la Gerusalemme d’Europa.
Amo Sarajevo per la gente aperta, sincera, vitale, nulla e nessuno è riuscito a piegarla.
Amo Sarajevo per la bellezza delle ragazze mai scontata, sempre poetica, frutto di quei contrasti che rendono unici i volti e gli sguardi.
Amo Sarajevo, perché l’uomo bosniaco sa anche piangere.
Amo Sarajevo perché la donna bosniaca sa essere forte e tagliente come una pietra.
Amo Sarajevo perché quando sono a Belgrado penso che però, in fondo, Sarajevo non è così lontana.
Amo Sarajevo perché nel tempo mi ha fatto conoscere delle persone stupende:
Bruno Palestra, presidente degli italiani di origine trentina nati e vissuti in Bosnia e che dopo uno scambio di mail ho incontrato per caso su una delle colline di Sarajevo, mentre spiegava a dei ragazzi italiani cos’era successo durante la guerra e quanto fosse forte il potere della propaganda
Marija e Kumjana con cui ho scambiato idee e ho avuto modo di vivere una grande edizione del Pravo Lijudski il festival del cinema sui diritti umani
Taisa, Anida, Amra, Samra ed Elma, con cui ho vissuto una serata incredibile a Skenderija gustando cinque litri di birra e la leggendaria partita Portogallo -  Bosnia. Porto le immagini i suoni e i colori di quella festa nel cuore e li ricordo come se non fosse passato che un attimo
Semir Blazevic. A Doboj al cambio dei vagoni del treno espresso Belgrado - Sarajevo , dopo aver cercato invano qualcosa da mangiare, con l’incubo di perdere il treno ritorno nel mio scompartimento e trovo quest’uomo in mimetica che dopo un po’ in Inglese si presenta e mi chiede da dove vengo. Si chiedeva chi fossi perché mi aveva visto spaesato nella stazione. Gli dico che ero sceso per prendere qualcosa da magiare e Semir per tutta risposta mi dice che ha preso qualcosa in più e che lo vuole dividere con me. Mi racconta la sua storia di guerra e di pace e di ogni paese che attraversiamo mi traccia la mappa etnica. Gli sono debitore di una pitta e di nuove conoscenze
Jovan Dijviak, che purtroppo ho conosciuto solo telefonicamente. Un giorno ero all’Università e ricevo una telefonata da un numero straniero, quando rispondo dall’altra parte c’è un uomo che mi dice che chiama da Sarajevo e mi chiede se parlo francese. Gli dico di no e allora chiama una ragazza che traduce quello che ci diciamo. Un grande uomo, un eroe di Sarajevo che spero un giorno di poter conoscere di persona. Forza Jovan
Emy che mi ha dato contatti utili per inseguire il mio sogno che si chiama “Transbalkan Express” e a con cui, spero, sia nata una bella e forte amicizia.
Tutti quelli che chiamo italo-bosniaci, o bosno-italici, spinti nella nostra penisola dalla guerra o da altro destino e che vivono tra due mondi, due culture, due tradizioni, due lingue, da cui ho imparato quella forma di “saudade balcanica” che non riesco a definire
Amo Sarajevo per Ilidza e Vrelo Bosne, per la natura che nasconde i segni di una guerra, forse, mai veramente terminata
Amo Sarajevo per Lukavica, l’altra Sarajevo, la porta verso la Serbia
Per questo amo Sarajevo e per mille altri motivi che non riesco a scrivere e non riescono ad emergere dal mio cuore.
La amo così tanto da sperare che mai il turismo idiota la possa veramente scoprire e che vadano alla sua ricerca solo persone capaci di saper trovare il tesoro della poesia tra i sassi della città vecchia, tra i segni di una guerra e di una pace e il cemento di palazzi che nonostante tutto si ergono orgogliosi verso il cielo.

https://www.facebook.com/damiano.gallinaro/videos/vb.1462742536/1745790052217/?type=3&theater

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