Ci sono dei luoghi che sanno di poesia, di antiche storie,
di libri nascosti da scoprire o da ritrovare. Uno di questi luoghi magici è la
Biblioteca de Babel a Palma de Mallorca in carrer Arabì in pieno centro, un
luogo in cui si rischia di passare ore a sfogliare libri vecchie e nuovi,
niente a che vedere con la freddezza di un i-pad o tablet, non me ne vogliano i
fautori delle nuovissime tecnologie che pure apprezzo con riserva.
Ieri mentre cercavo qualche libro interessante da leggere e
da consigliare, il mio sguardo è stato attratto da un bel libro dal colore
celeste brossurato, con in copertina il disegno di tre piccole isole. Il titolo
poi era pura poesia: “Atlas de islas
remotas”, l’Atlante delle isole remote. Sottotitolo, “cinquanta isole in
cui non sono mai stato e in cui non andrò mai”.
Un Atlante ricorda tante cose, vecchie mappe, portolani, e
poi quel sottotitolo così accattivante e netto.
L’autrice di questo libro è Judith Schalansky nata ad
Antigua, di origine tedesca, è scrittrice e disegnatrice e grande appassionata
degli atlanti fin da piccola. L’edizione spagnola è a cura delle editrici
Capitan Swing e Nordica libros, prima edizione novembre 2013, in pratica una
vera e propria novità. In Italia è stato pubblicato da Bompiani e costa 21,50
euro anche in questo caso brossurato http://bompiani.rcslibri.corriere.it/libro/7506_atlante_delle_isole_remote_schalansky.html
L’autrice inizia a scrivere questo libro un giorno che si
trova a guardare un atlante nella
Biblioteca Statale di Berlino, è attratta da questi puntini sulla mappa, da
quei nomi alcune volte improponibili oppure affascinanti come, solo a titolo di
esempio: Annobon, Tromelin,Floreana, Socorro,St. Ilda.
Scrive la Schalansky: “ Ognuna
di queste isole mi sembrava un mistero e una promessa … avevo l’impressione che
il mondo non era ancora stato scoperto completamente … mi sentivo come se
avessi preso una barca con la speranza di essere la prima ad avvistare una
terra sconosciuta … ma è passato così tanto dai tempi delle scoperte … la unica
possibilità che mi rimaneva era iniziare un viaggio nella biblioteca. Nella mia
immaginazione , queste isole erano luoghi
paradisiaci e utopici ma … nel corso del mio viaggio non incontrai nulla
di idilliaco , tutto il contrario … luoghi inquietanti e desolati … ma con il tempo iniziai a
sentirmi bene e a godere di ognuna di queste storie …”
L’autrice conclude l’introduzione così: “ Questo atlante non è pertanto un manuale di
geografia sennò un progetto poetico …”.
Guardando poi all’interno e scoprendo ad una ad una le isole
, scopro che tra le tante isole remote la Schalansky inserisce anche l’isola di
Brava nell’arcipelago di Capo Verde che ho avuto l’occasione di visitare due
volte e che, per quanto sia difficile da raggiungere sicuramente non può essere
considerata remota come, ad esempio, le isole di Sant’Elena o di Amsterdam perse nel nulla dell’Oceano.
Incuriosito decido di leggere la descrizione che ne da
l’autrice sulla base dei testi da lei consultati per verificare quanto la
visita di una persona lontana e quindi virtuale si distacchi da una visita
reale.
Andiamo a leggere qualche passo: “ … il vento la protegge dalla minacciosa montagna di fuoco che si eleva
nell’isola di fronte ( l’isola di Fogo). Qui al bordo esterno dell’arcipelago
le nubi scendono a poca distanza da terra e per questo piove con più frequenza
… l’isola è ricchissima di vegetazione e di fiori coloratissimi … il suo cuore
palpita soavemente al suono della triste morna … un lamento sul carattere
assurdo della vita e l’inevitabilità del destino, che si consumerà senza
rimedio una volta o l’altra … nell’aria fluttua la nostalgia per un passato
perduto in una terra remota e
irrecuperabile … “.
L’autrice conclude la breve scheda poetica con la citazione
della celebre canzone Sodade portata
al successo mondiale dalla grande Cesaria Evora in cui si canta della nostalgia
di un’altra isola Sao Nicolau ma che è divenuta con il tempo il canto
struggente di tutte le genti capoverdiane costrette al caminho longi.
Poche righe su Brava ma che danno l’idea di cos’è l’isola,
quanto sia poetica, impervia e terribile.
Brava è difficile da vivere. Da Vila Nova Sintra il
capoluogo, il mare che pure è a pochi chilometri di distanza, a Furna dov’è il
porto commerciale, non si vede quasi mai, eccetto in alcuni giorni fortunati.
Quasi sempre ricoperta dalle nubi, sembra quasi sospesa sopra il mondo come le
antiche città degli Dei. Sembra di vivere in un mondo a parte, con ritmi
antichi.
Sono pochi i paesi importanti nell’isola e poche e malmesse
sono le strade per raggiungerli. A Nossa Senhora do Monte e Cachaco situati
ancora più in alto rispetto a Vila Nova Sintra, all’incirca sugli 800 mt
d’altezza la prima e 600 mt il secondo, vivono alcuni dei violinisti migliori
dell’arcipelago. Spesso vivono in case di pochi metri quadrati una vita umile
ma colma di poesia e nostalgia.
C’è un posto magico e terribile a Brava, Faja d’Agua, il
porto da cui partivano le baleniere alla volta degli Stati Uniti dove la
maggior parte dei bravensi sono emigrati sognando un ritorno che spesso non è
avvenuto neanche dopo la morte. Sono
tante le navi partite a mai tornate come il Palhabote Matilda, una storia
incredibile che un giorno magari vi racconterò.
Tutto ricorda l’America a Brava quasi ogni casa ha al suo
interno o all’esterno una bandiera degli Usa, cappellini, e altri ricordi
portati da parenti o da chi ha deciso di ritornare per vivere la sua vecchiaia
nel luogo in cui è nato. Spesso la gente si rivolge allo straniero per primo in
inglese e solo successivamente in creolo o in portoghese. Molti neanche lo
conoscono più il creolo.
Gran parte dell’isola è disabitata, non c’è l’aeroporto, i
collegamenti in nave sono discontinui. C’è una nave che collega l’isola alla
sua “sorella” Fogo ma non ogni giorno e dipende dal mare. Una nave a settimana
collega l’isola di Brava con Praia la Capitale di capo Verde sull’isola di
Santiago, ma spesso arriva anche con due tre giorni di viaggio, anche in questo
caso dipende dal mare, dal destino.
Pensandoci bene anche se non del tutto remota, Brava ad una
persona che la “visita” solo virtualmente, deve sembrare davvero ancora più
isolata di quanto non è.
Il libro della Schalansky è uno scrigno di poesia e , a mio
parere, un punto di partenza per viaggiatori anche solo virtuali che vogliano
visitare isole che sembrano uscite spesso da libri fantasy.
Guardando la mappa allegata al libro noto che le più vicine
a noi europei sono l’Isola di Santa Kilda nelle ebridi a 160 km dalla Scozia e
le isole Soledad , Rudolf e dell’Orso nell’Oceano Glaciale Artico, e proprio Brava.
E se provassimo a raggiungerle per vedere se ha ragione la
Schalansky.
Come sempre buon viaggio a tutti dovunque voi siate, ovunque
andrete.
Nessun commento:
Posta un commento