lunedì 17 febbraio 2014

Istantanee di viaggio: da Mokra Gora a Srebrenica (e ritorno a Belgrado)

Raggiungere Srebrenica da Mokra Gora non è facile, si devono attraversare il Monte Tara e il suo meraviglioso parco naturale, per poi raggiungere il paese di Bajina Basta. 
Banjina Basta (Giardini di Baja) piccola città di confine, nacque in seguito alla cacciata dei turchi dall’antico villaggio di Plijeskovo. Prese questo nome dalla ricchezza floreale dei dintorni. E’ famosa anche per il suo tabacco il "bajinac".  Il piccolo paese è però ricordato anche per cose meno piacevoli. Paolo Rumiz nel suo libro “Maschere per un massacro" racconta come fino al 1995 a Bajina Basta  fosse usale il “weekend di guerra” in Bosnia. La gente del posto andava ad ammazzare Musulmani e a rastrellare automobili, trattori, denaro e vestiti e poi tornava nel suo territorio per vendere gli oggetti trafugati. Non e' purtroppo l'unico esempio di "economia di guerra", nel corso della guerra vari paesi hanno approfittato di questa triste attivita' transfrontaliera.
Superata Bajina Basta  si apre la via che percorre in parallelo il fiume colmo di storia e dolore che divide la Bosnia dalla Serbia: la Drina.

La Drina è un fiume bellissimo: immenso in alcuni tratti, verde e trasparente, dove la storia e le storie si sono spesso incontrate e scontrate.

Piccoli villaggi bosniaci e serbi si specchiano nel fiume e si guardano, si fronteggiano, senza potersi raggiungere, confondere. Il grande fiume è attraversabile solo in pochi punti, a Visegrad  naturalmente, poi dopo molti chilometri a Ljubovija e alcuni chilometri più a nord a Mali Zvornik , vecchio quartiere periferico della città bosniaca di Zvornik, divenuto città solo con la costituzione della frontiera e che ancora è legato alla  città-madre  da un ponte pedonale e uno carrabile.
Ma c’è un altro punto dove si può attraversare la Drina, alla frontiera con Bratunac, la porta per raggiungere Srebrenica.
Superata Lijubova, infatti, dopo pochi chilometri, se si svolta sinistra, seguendo le indicazioni si finisce repentinamente dinanzi alla sbarra che chiude la frontiera tra Serbia e RSB.
Soliti controlli puntuali ed efficienti alla frontiera sul lato serbo.
Si supera un vecchio ponte in ferro che ricorda quelli di Eiffel, un ponte che fa paura per il suo stato fatiscente e per la storia terribile che lo ha attraversato.
                                          ( foto tratta dal sito http://ekapija.ba)

Il posto di frontiera posto dalla parte della RSB è quanto di più fatiscente e precario abbia mai incontrato nei miei viaggi di frontiera: un solo gabbiotto, un poliziotto a fare viabilità. Pochi centimetri dopo il gabbiotto se si svolta a sinistra si va verso Bratunac.
Il poliziotto di frontiera mi augura: “Good luck”, forse un presagio.
Sulla strada per Bratunac inizio a percepire di essere in una sorta di terra ostile, e il fatto di guidare una macchina con targa serba probabilmente non depone a mio favore.
Mi perdo all’ingresso di Bratunac, non riesco a trovare la strada per Srebrenica. Chiedo in giro, qualcuno fa quasi finta di non sapere dove sia, altri sorridono, una signora finalmente mi indica la strada.
A Bratunac lo scorso anno venne organizzata dai nazionalisti serbi la contro manifestazione nel giorno in cui viene ricordato il massacro di Srebrenica, la mattanza di Srebrenica.
Pochi chilometri separano Bratunac dal memoriale di Potocari, un immenso prato di steli bianchi.


Sono terra ancora divise e tese, in cui forse non è ancora tempo di ricucire memorie.

Sulla strada di ritorno verso Belgrado con il cuore colmo di pensieri e domande, la Drina è la compagna silenziosa e placida, scorre lenta in questi luoghi.
Si arriva a Loznica e da qui si vira verso sinistra e si abbandona il corso della Drina per entrare nella pianura della  Vojvodina che è la propaggine più a sud della Pustza Ungherese.
Si attraversa Sabac, conosciuta fino all’inizio della I Guerra Mondiale come “La piccola Parigi”, poi si svolta a sinistra verso Ruma e Sremska Mitrovica e si prende il breve tratto autostradale che porta verso Nis.
L’ingresso a Belgrado è una bolgia di traffico e di terribili sensi unici, per arrivare alla stazione siamo costretti a circumnavigare il centro.
E’ sera, inizia a fare freddo.

Il mattino seguente la neve mi accoglie al risveglio.


Nessun commento:

Posta un commento

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...