Un
po’ di storia.
Raggiungere e attraversare la
Transnistria è un’esperienza da provare, un salto indietro nel tempo, un
viaggio ai confini dell’Europa, per certi versi un viaggio nell’assurdo. Ma
andiamo con ordine.
La Transnistria, Transdniestria o,
secondo l'espressione russa, Pridnestrovie è uno stato indipendente de facto non
riconosciuto a livello internazionale, essendo considerato ufficialmente come
parte della Repubblica di
Moldavia, governato
da un'amministrazione autonoma che ha sede nella città di Tiraspol.
La regione, precedentemente parte
della Repubblica
Socialista Sovietica Moldava (una
delle repubbliche
costituenti l'Unione Sovietica),
ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza come
Repubblica Moldava di Transnistria il 2 settembre 1990. Dal
marzo al luglio 1992 la regione è stata interessata da una guerra che è
terminata con un cessate il fuoco garantito da una commissione congiunta
tripartita tra Russia, Moldavia e Transnistria, e che ha comportato la
creazione di una zona demilitarizzata tra Moldavia e Transnistria
comprendente 20 località al di qua e al di là del fiume Nistro.
Il nome della regione deriva,
appunto, dal fiume Nistro. La Transnistria è infatti un'area posta sulla sponda
orientale del fiume. Il nome letteralmente significa “Oltre il fiume Nistru” (Pridnestrovie)
La regione era popolata
nell'antichità da Geti/Daci e
da popolazioni iraniche. A questi subentrarono i romani. Alla
fine del medioevo vi si trovavano tribù
slave in
movimento verso la penisola balcanica, nomadi turchi e
pastori rumeni. Passò sotto il controllo della Rus' di Kiev e
in seguito del Granducato di Lituania.
Nel XV secolo,
infine, l'area finì sotto il controllo dell'Impero Ottomano. A quel tempo, la popolazione era scarsa, di etnia
mista moldavo-rumena e ucraina, con presenza di nomadi tartari.
Alla fine del XVIII secolo ci
fu una vera e propria colonizzazione della regione da parte dell'Impero Russo,
con lo scopo di difendere i propri confini di sud-ovest. La conseguenza fu una
consistente immigrazione di ucraini, russi e tedeschi.
Nel 1918 il
Direttorato di Ucraina (a quel tempo indipendente) proclamò la sua sovranità
sulla parte sinistra del fiume Nistru. A quel tempo, la popolazione era per il
48% moldavo-rumena, 30% ucraina e 9% russa. Un terzo della regione (la parte
attorno alla città di Balta,
oggi con maggioranza ucraina) fa parte dell'Ucraina.
La regione divenne poi l'Oblast' Autonomo di Moldavia nell'ambito della RSS (Repubblica Socialista Sovietica) di Ucraina. L'entità fu trasformata in
Repubblica Autonoma Moldava (RSS a sua volta), con capitale Balta, nel 1924. La
maggioranza della popolazione era di madrelingua rumena e nelle scuole
s'insegnava perciò la lingua rumena usando l'alfabeto cirillico.
La RSS (Repubblica Socialista Sovietica) di Moldavia fu istituita da una
decisione del Soviet Supremo dell'URSS il
2 agosto 1940.
Era formata da due parti: una buona parte della Bessarabia,
sottratta alla Romania il 18 giugno a seguito
del patto
Molotov-Ribbentrop,
dove la maggioranza della popolazione era di lingua rumena; e la parte
occidentale della preesistente Repubblica Autonoma Moldava, mentre la parte
orientale, con la precedente capitale Balta, era annessa alla RSS di Ucraina.
Nel 1941 le
truppe rumene, all'inizio dell'Operazione
Barbarossa,
ripresero la Bessarabia ma continuarono l'avanzata oltre il confine storico
lungo il corso del Nistru. La Romania annesse
poi ad interim l'intera regione tra il Nistro e
il fiume Bug meridionale, dove era
presente una consistente minoranza romena, includendo la città portuale
di Odessa,
che attualmente fa parte dell'Ucraina. L'Unione Sovietica riguadagnò l'area
nel 1944 quando
l'Armata Rossa penetrò nel territorio
facendo indietreggiare le Potenze dell'Asse.
La RSS Moldava fu
oggetto di una politica di sistematica russificazione, ancor più dura di quella del periodo zarista. Il cirillico divenne la scrittura ufficiale della
lingua moldava nella repubblica, mentre il russo era la lingua di comunicazione
interetnica.
La maggior parte delle industrie
che furono create nella RSS di Moldavia allo scopo di attirare immigrati dal
resto dell'URSS, era concentrata nella Transnistria, mentre la parte
della Moldavia a ovest del Nistro
manteneva un'economia prevalentemente agricola. Nel 1990, la
Transnistria rappresentava il 40% del PIL moldavo
e produceva il 90% dell'energia elettrica dell'intera repubblica moldava.
La 14ª armata dell'esercito
russo, che aveva sede in Moldavia a Tiraspol,
rimase anche dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica per salvaguardare il più importante arsenale e
deposito di munizioni in Europa. Il
governo di Mosca avviò negoziati con le repubbliche di Moldavia,
Transnistria ed Ucraina per trasferire i diritti
sul materiale militare alla Russia.
Il 2 settembre 1990 fu
proclamata unilateralmente la Repubblica Moldava di Transnistria (MRT). Il 25
agosto 1991 il
Soviet Supremo dell'MRT adottò la dichiarazione di indipendenza. Il 24
agosto 1991 il
parlamento moldavo votò la dichiarazione di indipendenza della Repubblica
di Moldavia,
il cui territorio includeva la Transnistria. Il parlamento moldavo chiese al
Governo dell'URSS di iniziare le negoziazioni con il Governo moldavo e porre
fine all'occupazione illegale della Repubblica della Moldavia e
ritirarsi dal territorio moldavo, ritirando la 14ª armata da Tiraspol.
Le forze della 14ª armata però
rimasero e agli ordini del generale Aleksandr Ivanović Lebed combatterono
in favore dei separatisti della Transnistria. I separatisti poterono armarsi
con le dotazioni della 14ª armata russa e svolsero un ruolo minore nella
guerra. L'esercito regolare moldavo, trovandosi in posizione di netta
inferiorità numerica e di armamenti, fu sconfitto con rilevanti perdite. Nel
giugno 1992 le forze russe attraversarono il fiume Dniestr e occuparono, dopo
aspri combattimenti che costarono la vita anche a civili, la città di Tighina,
situata sulla sponda occidentale del fiume; l'evento è ricordato in Moldavia
come Massacro di Tighina.
I morti furono causati dal fuoco delle artiglierie russe contro gli edifici
civili. Il cessate il fuoco fu accettato e siglato il 21 luglio 1992.
Dopo tale accordo, la Russia continuò
a supportare de facto il governo separatista. Fu istituita una zona di
sicurezza tra Moldavia e Transinistria controllata da una Forza di pace
congiunta (335 militari russi, 453 militari moldavi e 490 miliziani della
regione separatista), sotto la supervisione di una Commissione di controllo
congiunta. Nel 1998 alla Commissione si aggiunsero 10 osservatori militari
ucraini.
L'OSCE, che
cerca di favorire un negoziato stabile tra le parti, ha avviato una missione in
Moldavia il 4 febbraio 1993 e ha aperto un ufficio a Tiraspol il 13 febbraio
1995.
Nel febbraio 2003,
gli Stati Uniti
d'America e
l'Unione europea hanno imposto misure
restrittive contro la leadership della Repubblica di Transnistria.
Negli anni è stato portato avanti un lungo processo
di pace che ha interessato la Russia, l’Ucraina e la Moldova, ma i negoziati si
sono arenati in ben due occasioni nel 2004 e 2005 per riaprirsi solo nel 2010,
con il raggiungimento di pochi risultati, il più rilevante dei quali, la
riaperura della tratta ferroviaria Chisinau - Odessa.
La Transnistria l'Abkazia el'Ossezia
del Sud dal 2006 hanno costituito la “Comunità
per la democrazia e i diritti dei popoli”.
All'ultimo censimento del 1989, la popolazione della
Transnistria era di 546 400 abitanti. Recentemente, c'è stata una consistente
migrazione della popolazione dalla regione dovuta alle difficoltà conseguenti
ai fatti del 1990 e
al più completo isolamento internazionale. L'autoproclamata Repubblica di
Transnistria non è riconosciuta né dalle Nazioni Unite, né da alcuno Stato
Sovrano: questo è il motivo principale per cui una gran parte della popolazione
è oltre l'età della pensione.
Le notevoli variazioni rispetto
al censimento precedente fanno supporre che vi siano stati scambi di
popolazione con la Moldavia a ovest del Nistro. In sostanza i moldavo/rumeni
avrebbero abbandonato la Transnistria per trasferirsi ad abitare in territori
controllati dal governo di Chisinau mentre gli slavi (ucraini e pieds-noirs russi) sarebbero migrati verso il
territorio controllato dalle autorità di Tiraspol.
Attualmente il gruppo etnico
moldavo/romeno, che forse ancora rappresenta la maggioranza relativa della
popolazione della Transnistria, si presenta diviso tra fautori della Moldavia,
fautori della grande Romania e sostenitori del governo in carica. Il gruppo
etnico russo sostiene l'indipendenza della Transnistria o, in alternativa,
l'annessione alla Russia. Gli ucraini infine sono divisi tra i sostenitori
della Transnistria indipendente e i fautori dell'annessione all'Ucraina. In
conclusione russi e ucraini, che uniti rappresentano la maggioranza assoluta
della popolazione della Transnistria, sono accomunati dalla richiesta di un
distacco definitivo dalla Moldavia. In questa situazione si inseriscono inoltre
le istanze di altre solide comunità etniche straniere, ormai stabilmente
insediate sul territorio, come i caucasici,
i siberiani,
gli armeni e
i georgiani.
Un ruolo fondamentale nella
recente storia della repubblica non riconosciuta l’ha avuta e ancora la ha la
più importante azienda transnistriana la “Sheriff”,
l'unica autorizzata a esportare all'estero, il cui proprietario è il figlio
maggiore Vladimir del presidente Igor' Nikolaevič Smirnov ex presidente
della non riconosciuta Repubblica Moldava della Transnistria, carica
che ha ricoperto dall'autoproclamazione di indipendenza della regione sino al 2011, quando venne battuto
da Yevgeny Shevchuk. Nominato nel 1987 presidente
del gruppo “Elektromaš” nella città moldava di Tiraspol,
nel breve arco di due anni Smirnov si trovò alla guida del governo cittadino
come presidente del soviet di Tiraspoli. Per il suo fare rude e sbrigativo si
guadagno l'appellativo di “sceriffo”.
La "Sheriff" ha il
controllo virtuale sull'economia dell'intera regione, dalla squadra di calcio
della capitale FC Sheriff Tiraspol e del relativo stadio
recentemente costruito, ha una catena di supermercati e di distributori di
carburante, una casa editrice, una distilleria, un casinò, un canale televisivo
e un'agenzia pubblicitaria.
Osservatori della Comunità Europea, esprimendosi in merito alla
preoccupante situazione dell'illegalità e del mancato controllo delle frontiere
di questa regione alle porte dell'Unione, sono portati a ritenere che parte non
irrilevante del flusso economico nazionale sia direttamente collegato ai
traffici illeciti che derivano dal radicamento del crimine organizzato di mafie
attive in tutta la Russia e dalla particolare posizione di passaggio di questo
territorio per il flusso degli stupefacenti,
delle armi e del contrabbando; questa situazione ha portato la
stampa a definire il paese il "buco nero d'Europa".
Il
Diario di Viaggio
Il primo problema da risolvere,
per chi voglia raggiungere la capitale della Transnistria, è scoprire da dove partono i minibus per
Tiraspol. Chiedo qualche informazione al Mercato centrale, mi indicano l’attigua
stazione centrale. Penso di aver trovato i bus ma in realtà i mezzi per
Tiraspol partono da un cortile interno la struttura della stazione centrale.
Trovati i bus finalmente trovo anche il botteghino per i biglietti, e ho
conquistato finalmente il mio posto nel minibus per Tiraspol.
Fa caldo, non tira un filo d’aria
e nel pulmino non c’è aria condizionata, al momento della partenza viene chiusa
anche la porta di accesso e l’aria entra unicamente attraverso una apertura del
tettuccio. Poca aria e calda che poco dopo, comunque, rimpiangerò visto che una
signora infastidita dal soffio d’aria chiede all’autista di chiudere il
tettuccio.
Cercando di resistere al caldo
terribile, seguo il percorso del minibus che, attraversata Chisinau, si dirige
verso l’Aeroporto, mi guardo intorno per cercare di capire chi sono i miei
compagni di viaggio. La maggior parte delle persone sono moldave a parte me, un
gruppo di tre tedeschi guidato da una ragazza del posto e un giapponese. Il
giapponese incuriosisce un po’ tutti, incuriosirà anche le guardie di
frontiera.
Il minibus attraversa la
campagna, supera alcuni piccoli paesi prima di raggiungere un primo sbarramento
e una deviazione tra cui il più importante è Anenii Noi. Anenii Noi è una città della Moldavia capoluogo
dell'omonimo distretto di 11.463 abitanti al
censimento 2004.
È situata nella valle del fiume Bîc, 36 km a sud-est della
capitale Chişinău. La città è menzionata per la prima volta in un
documento ufficiale nel 1731 col nome Paşcani pe Bîc. Nel 1837 era sotto
l'influenza del conte Stuart che giurò fedeltà alla Russia degli Zar e nel 1856 venne distrutta
dai Tatari di Bessarabia.
Venne ricostruita a partire dal 1883 e sei anni dopo arrivarono coloni tedeschi che
comperarono 1.715 ettari di terreno. Al censimento del 1910 in questo
territorio risultarono due villaggi:Nicolaevca Nouă (dal 1926 Anenii Noi)
con popolazione prevalentemente tedesca e Nicolaevca Veche (dal 1926
Anenii Vechi) con popolazione russa. I coloni tedeschi tornarono in Germania nel 1940, allo scoppio della seconda guerra mondiale. Ottenne lo status
di città nel 1965).
Superata la piccola località si
lascia la strada principale per deviare in una strada di campagna, ci troviamo
nei territori contesi tra la Moldavia e la Transinistria, una sorta di zona cuscinetto demilitarizzata creata
al termine della guerra del 1992 a ridosso della città di Bender conosciuta
anche come Benderi o Tighina, e resa famosa ( o meglio famigerata) da Nicolai
Lilin in Italia nel suo libro Educazione Siberiana.
Tighina o Bender o
Bendery è la
quarta città più popolosa della Moldavia. Come già accennato in
precedenza, nel giugno 1992 militari russi per ordine del gen. Lebed, traversarono il
Dniestr e dopo aspri combattimenti casa per casa che costarono la vita anche a
civili, occuparono la città sconfiggendo le forze moldave. Molti civili
abbandonarono la città fuggendo verso ovest. La città è oggi controllata dalle
autorità della regione della Transnistria,
la regione indipendentista della Moldavia, anche se essendo situata sulla riva
destra del fiume Dnestr, la municipalità di Tighina, non è considerata parte
della regione Transnistria né dal governo della Moldavia né
dai geografi. Se si studia una mappa di Bender sul web è possibile vedere come
il confine informale tra Moldova e Transnistria attraversi in più punti la
città, rendendola un mosaico di enclave ed exclave.
La città di Tighina di fondazione
romana cambiò il suo nome in Bender nel 1538 quando il territorio della
Bessarabia fu conquistato dai musulmani. Proprio in quel periodo iniziò la
costruzione della Fortezza che è divenuta il simbolo della città.
Mi sarebbe piaciuto fermarmi
anche per visitare i quartieri di cui parla Lilin nel suo romanzo, ma avendo
poche ore a disposizione ho deciso di dedicare il mio tempo alla capitale
Tiraspol.
Il minibus, superato Bender-2, la stazione o meglio il
binario di confine situato in territorio moldavo su cui transita il treno
Chisinau – Odessa con fermata a Tiraspol, raggiunge il confine tra Moldavia e
Transnistria (a Varnjta). Sulle
difficoltà dell’attraverso del confine tra Moldova e Transnistria circolano
molti racconti di viaggio alcuni probabilmente veritieri altri “gonfiati” e
alcuni davvero poco proponibili. Che sia decisamente problematico
l’attraversamento è indubbio ma che si debba chiedere l’intervento della mafia
russa, come scritto da molti, o pagare mazzette ai poliziotti probabilmente è
esagerato o forse dipende dal motivo per cui si entra in Transnistria.
E’ vietato fare foto e video ma
riesco a rubare qualche fotogramma riprendendo con il cellulare mentre faccio finta di telefonare. Al confine
sembra di essere in una zona di guerra, due casotti di colore verde, nel mezzo
uno spartitraffico dove ci sono due militari che controllano i documenti delle
macchine che escono dal territorio indipendente. Questo e la polvere sono la
porta d’accesso alla Transinistria.
Scendiamo dal bus, il conducente
ci indica di andare verso il gabbiotto di destra. Con me ho un piccolo foglio
che rappresenta il visto d’ingresso
nella Transnistria. Vi si trascrivono i
dati personali, gli estremi del passaporto e il motivo della visita. Il piccolo
foglio verrà tagliato a metà, una parte
rimarrà ai militari e la seconda allo straniero che dovrà presentarlo
all’uscita. Vi consiglio di conservarlo con cura, perderlo comporterebbe una
serie di problemi legali di difficile soluzione.
Nel primo gabbiotto una scontrosa
poliziotta registra i dati del “visitatore”, poi riconsegna il passaporto. Non
pensiate che sia finita lì, come pensavamo innocentemente noi stranieri. In
effetti la poliziotta aveva sdegnosamente rifiutato il foglietto bianco, come
se non fosse necessario, quindi pensavamo che la procedura fosse terminata li.
Scopriamo, invece, grazie
all’autista del bus, per cui sicuramente i turisti sono una grande scocciatura,
che dobbiamo fare una seconda fila. Nel primo gabbiotto, infatti, si viene
registrati all’immigrazione, i dati, poi vengono trasmessi ai militari che sono
allocati nel secondo gabbiotto i quali provvederanno ad apporre sul foglio la
data e l’orario di entrata e uscita dal paese. Per l’uscita bisogna rigorosamente
attenersi a quanto indicato sul foglio.
Esistono diversi tipi di visti
d’ingresso nel paese, io ho scelto quello giornaliero che consente di risiedere
sul territorio per 10 ore. Sul foglio viene indicato a penna l’orario entro cui
bisogna lasciare il paese, in caso contrario bisogna registrarsi presso la
polizia e trovare un albergo dove dormire. La seconda tipologia di visto viene
rilasciata per soggiorni più lunghi e bisogna essere provvisti di una
prenotazione alberghiera a garanzia del soggiorno, arrivati in albergo
provvederà il personale alla registrazione.
Dopo un’ora finalmente riusciamo
ad entrare nel “sacro suolo” transinistriano, un tuffo nel passato, nella
“ostalgia” e perché no anche un senso abbastanza diffuso di insicurezza almeno
al primo momento.
Il bus dopo poco più di un quarto
d’ora raggiunge la periferia di Tiraspol.
Una delle prime cose che vedrete è sulla sinistra, il complesso sportivo della
squadra dello Sheriff Tiraspol. La Bolshaja
Sportivnaja Arena, impianto inaugurato nel 2002 e dotato di
13.460 posti tutti a sedere e di un moderno impianto di illuminazione sorge
all'interno di un complesso sportivo costruito tra il 2000 e il 2002 costituito da 8
campi di allenamento, appartamenti, hotel a 5 stelle, campus per i ragazzi
delle giovanili.
Tiraspol (letteralmente città del Tyras, antico nome del
fiume Nistro) è conosciuta per essere una delle poche città
che non sono ancora largamente cambiate
da quando facevano parte dell'Unione Sovietica. Sono, infatti, ancora presenti molte statue
di Lenin e accanto a dipinti
di Stalin ci
sono addirittura quelli di Che Guevara.
Nel 1989 la
città aveva una popolazione di circa 190.000 abitanti: il 18% erano russi, il
32% ucraini e il 38% moldavi (nel 1919 i
moldavi erano il 42%). È stato stimato che dopo una certa crescita negli anni 1990 la
popolazione sia di nuovo diminuita ai livelli del 1989, e
secondo il World Gazetteer raggiunge circa 162.000
abitanti. Dopo la secessione dalla Moldavia molti moldavi sono infatti fuggiti,
e si pensa che la popolazione moldava nella città sia scesa al 13% del totale.
Nonostante la città sia
all’apparenza molto moderna ha una storia ricca e interessante.
Nel XVI secolo: la zona di Tiraspoli era una zona cuscinetto tra
i Tartari e
i moldavi, lasciata deserta da entrambe le
etnie. Solo nel 1792,
dopo che l'Impero russo ebbe conquistato la strada
verso il fiume Nistro, l'esercito russo costruì una fortificazione sul sito
dell'antica città tartara di Hagi-bei, allo scopo di
controllare il confine occidentale. Nel 1812
l'Impero russo aveva inglobato anche la parte orientale del principato di
Moldavia,
creando la regione della Bessarabia e la zona di Tiraspoli veniva, di conseguenza,
colonizzata da Russi e Ucraini.
La città ha anche una notevole presenza ebraica, nel 1897 si contano 8668 ebrei
il 27% della popolazione. Dopo la Rivoluzione russa, come già ampiamente riportato, la Bessarabia fu
annessa alla Romania, Tiraspol fu temporaneamente
capitale della RSS Bessaraba e nel 1929 divenne la capitale
della "Repubblica autonoma socialista sovietica di Moldavia",
restandolo fino al 1940. Nel 1941 la
città cadde sotto l'invasione della Germania e
passò sotto l'amministrazione rumena.
Durante questo periodo quasi tutta la popolazione ebraica venne deportata. Nel 1944 la
città fu ripresa dall'Unione Sovietica e fu ripristinata la Repubblica socialista sovietica moldava. Dal 1991 è la capitale della
Transnistria.
Superato lo stadio si entra in
una immensa periferia e anche in questo caso, come per Chisinau, è difficile
scoprire dov’è il centro di Tiraspol. Non riuscendo ad orientarmi decido di
scendere quando vedo scendere i ragazzi tedeschi e la loro amica, lo stesso fa
il ragazzo giapponese. Chiediamo a loro dov’è il centro, la ragazza ci dice che
l’abbiamo appena superato ma che se la seguiamo ci porterà lei. “Lost in
Tiraspol”, e non è una gran sensazione.
Attraversiamo un viale alberato
che incrocia quella che può essere considerata la strada principale, mi guardo
intorno, ci sono pochi e piccoli negozi, qualche edificio di chiara impronta
razionalista e poco altro.
La ragazza ci chiede se vogliamo
cambiare i soldi. In Transnistria, infatti, almeno ufficialmente la moneta
moldava non viene accettata, così bisogna cambiarla in rubli transnistriani moneta introdotta nel 1994 che ha corso legale
soltanto nel piccolo territorio della repubblica separatista.
Arrivati ad un altro incrocio, la
ragazza ci dice che abbiamo raggiunto il centro. Davanti a me si profila
un’enorme piazza come quelle che siamo abituati a vedere nei documentari che
ricordano i fasti dell’Unione Sovietica. Quelle enormi piazze in cui si
svolgevano le grandi sfilate militari. Sulla
destra c’è una chiesa ortodossa con un attiguo edificio banco con cancellate
verdi, a pochi metri il cinematografo e il parco cittadino. Di fronte una piccola
chiesa ortodossa “minacciata” da un vecchio carrarmato e il Memoriale delle
vittime della guerra civile del 1990-92 tra Moldova e Transinistria.
La ragazza prima di salutarmi mi
chiede se può aiutarmi in qualche altro modo. Le dico che la mia intenzione è
quella di fotografare qualche monumento e visitare qualche museo. Lei mi
risponde: “Good luck”. Chissà perché ma la cosa mi agita abbastanza, quel buona
fortuna pronunciato con uno sguardo rassegnato sembrava foriero di qualcosa di
molto pericoloso. Il ragazzo giapponese intanto ha già iniziato a fotografare.
Io prendo la mia strada e mi dirigo verso la chiesa ortodossa. Faccio qualche
foto cerco di entrare ma rinuncio perché c’è in svolgimento un matrimonio,
allora mi dirigo verso l’edificio bianco
con i cancelli verdi. Nel fare le foto all’edificio mi rendo improvvisamente
conto di essere osservato da una coppia che transita sul marciapiedi. Noto che soprattutto l’uomo mi guarda con un
certo fastidio e anche una certa rabbia. Improvvisamente mi si avvicina e mi
dice qualcosa del tipo : “Spioni … ruski” o qualcosa del genere. Io rispondo
“Turist” e lui ridendo sprezzante : “Turist”. A quel punto immagino che voglia
mollarmi un bel pugno, ma la moglie lo tira via e lui va via continuando ad
inveire.
Guardando quello che
evidentemente deve essere un obiettivo militare o un edificio del KGB rifletto
sull’ultima esperienza e mi riprometto di essere più discreto nel fotografare
edifici, chissà che non riprenda qualche segreto militare. Mi sposto nel centro
della piazza, il viale è enorme e attraversalo non è facile visto la velocità
di crociera delle macchine. Finalmente ci riesco e faccio qualche foto nel
Parco, dove tra il verde spuntano alcune
statue patriottiche.
Superato il parco su una piccola
collinetta si staglia il Monumento alle vittime della guerra del 1990-92. Devo
confessare che ho un certo fascino per i memoriali, per la loro magniloquenza,
per la loro maestosità, luoghi nati per
essere considerati i templi della memoria e naturalmente della retorica.
Faccio alcune foto ad ampio
raggio, ma quando cerco di fare delle foto ad alcuni particolari delle tombe e
della fiamma eterna, noto un militare sotto un albero, deve essere una sorta di
guardiano del luogo. Lo guardo, lui mi guarda, noto che è decisamente
disinteressato e allora mi avventuro a fare delle foto più particolareggiate.
Superato il Memoriale, se si
segue la strada in salita si raggiunge uno dei luoghi simbolo di Tiraspol, il
Palazzo del Presidente nel cui piazzale antistante si staglia enorme, imponente
e solenne, la statua in granito rosso di Lenin, costruita ai tempi dell’URSS e
mai rimossa. La guardo e la riguardo non riesco ad allontanarmi, qui ancora è
davvero possibile sentire “qualcosa di comunista” nell’aria anche se non sempre
deve essere stata una bell’aria.
Dopo aver scattato alcune foto al
grande padre, mi avvio verso il Parco, fa un caldo atroce e ho bisogno di bere,
il Parco degrada verso il fiume, il Nistru che fa da confine tra Moldova e
Transinistria. Attraverso una piccola area verde, faccio un foto ad un barcone
abbandonato utilizzato dai pescatori e mi ritrovo sulla spiaggia di Tiraspol.
Non vi aspettate chissà che, c’è
un piccolo bar in cui però è possibile consumare solo degli snack e un’area
attrezzata per bambini. Il caldo è atroce anche qui, prendo una birra
ghiacciata e me la bevo così di getto tanto che alla fine mi sento del tutto
frastornato. Compro anche una bottiglia d’acqua e mi siedo a guardare il fiume,
la fame avanza, e quando ormai sto abbandonando l’idea di mangiare sul fiume,
ecco apparire nel calore una signora che con un paniere gira tra i tavoli con
degli invitanti involti. La chiamo, la signora si avvicina e in russo mi chiede
che cosa voglio. Sorridendo le faccio capire che non capisco e lei continua a
parlarmi, allora utilizzo una delle poche parole che conosco, “Syr” che significa
formaggio. Finalmente, sempre sorridendo,
mi propone una sorte di calzone al formaggio, ne prendo due. La donna mi chiede
da dove vengo, gli dico che vengo dall’Italia e lei sorridendo dice qualche
parola in una specie di italiano. Sarà la fame, ma i calzoni sono davvero
buoni.
Ho necessità di bagnarmi nel
fiume anche solo le gambe, il caldo non si e’ affievolito anzi. Così mi immergo
nel fiume fino alle ginocchia bagnandomi la faccia nel sacro Nistru. Rimango lì
circa un’ora, guardando la gente prendere il sole e fare il bagno. Dopo un po’
mi ridirigo di nuovo verso il centro sicuramente più rinfrescato ma con ancora
un po’ di fame. Cerco un ristorante, ce n’è uno a bordo fiume che ha le
bandiere di tutti gli stati della CSI, ma sta chiudendo, allora mi dirigo verso
l’unico locale che è quasi sempre aperto in territorio moldavo, Andy’s Pizza.
Decido di prendere un gelato e un caffè, la ragazza che serve ai tavoli parla
solo russo e il menù è solo in cirillico meno male che ci sono le foto.
Dopo il gelato e il caffè cerco
di farmi notare per pagare, ma sono scomparsi tutti, così entro nel locale e
utilizzo una piccola parte dei miei rubli transinistriani, ne rimangono ancora
molti spero di non riportare indietro troppi souvenir.
Il sole è ancora alto ma Tiraspol
non prospetta altre grandi attrattive, girò ancora un po’ a vuoto alla ricerca
di qualcosa da fotografare, da vedere, deluso mi avvio verso la stazione dei
treni e dei bus e da lontano vedo che anche il mio amico giapponese sta
lasciando Tiraspol.
Insieme cerchiamo di capire
quando partirà il treno per provare l’emozione dell’attraversamento della
frontiera con un mezzo differente, ma le
informazioni sono poco chiare e rischiamo di arrivare al confine troppo tardi,
così optiamo di nuovo per il minibus.
La via verso il ritorno è più
agevole così come il controllo alla frontiera, bisogna solo riconsegnare la
parte del tagliando che è stata consegnata all’andata, ma qualcosa turba la
calma apparente del minibus. I militari nel controllare i documenti notano
qualcosa che non va in un agitatissimo signore, probabilmente di nazionalità
rumena, e nella documentazione del ragazzo giapponese. Il militare li invita a
seguirli. Rimaniamo in attesa in silenzio. Dopo cinque minuti ritorna solo il
ragazzo giapponese, ha faccia di chi ha davvero passato un’esperienza infernale,
sguardo basso e mesto, cerco di immaginare cosa sia potuto accadere in quel
piccolo gabbiotto. Del signore rumeno, invece, non si hanno tracce.
Il minibus si ferma qualche
minuto alla stazione dei bus di Bender e poi riprende la sua corsa verso Chisinau.
Il breve viaggio in terra Transinistriana è terminato.
Il giorno successivo si ritorna a
casa con nel cuore la voglia di tornare, per scoprire ancora di più della
Moldova e del misterioso paese che non c’è, una delle poche patrie elettive
degli ultimi comunisti.
Nessun commento:
Posta un commento