Non posso non iniziare queste
brevi riflessioni “auto – geografiche” se non con la città che negli ultimi
anni, dapprima saltuariamente, ora
stabilmente, è divenuta la mia seconda casa, volente o nolente.
Spesso non si sceglie dove vivere
è la vita a scegliere per te, ma comunque può essere un’opportunità.
Di certo non mi posso lamentare,
visto che Palma ha tutto per essere considerata una bella città, il mare prima
di tutto, dei panorami incredibili soprattutto al tramonto, la città araba, la
parte nuova costruita successivamente appena fuori le mura, la cultura e la
musica, i locali notturni e una certa tranquillità che l’avvicina più ad un
paese che ad una città di 350.000 abitanti.
Palma naturalmente non è solo
cultura e turismo, è anche una città che vive i problemi del nostro tempo e le
situazioni più o meno problematiche legate alla forte emigrazione indotta dalle
presunte o vere opportunità che offre l’industria turistica.
Senza cadere in ipocrisie e falsi
multiculturalismi non penso di poter consigliare una passeggiata notturna (ma
anche diurna in definitiva) a Son Banya o Son Gotleu, quartieri in cui si sono
concentrate tutte le problematiche sociali (a Roma ne abbiamo notevoli esempi) e che sono da tempo in mano ai cartelli della
droga (basta seguire sui giornali il caso Kabul).
Eppure è una città che affascina
per il suo passato, per i resti della presenza araba nell’architettura e
nell’onomastica, per le case signorili da scoprire e piccoli angoli poco
conosciuti anche dagli stessi abitanti.
Non vi propongo un percorso
ufficiale, ma un percorso parallelo a quello previsto dalla guide turistiche
che spesso s’interseca con le vie del turismo ufficiale, aiutandomi con alcuni
libri che ho acquistato nell’ultimo anno e che analizzano parti della città che
possono sfuggire al turista che passa poche ore nella città magari
approfittando della mezza giornata libera lasciata dalle attività della
crociera.
Voglio iniziare con una riflessione
di Eduardo Jordà contenuta nel suo
libro “La Ciudad Perdida”: “… la città che una persona conosce e ama si
riduce spesso a poche vie, ad alcuni luoghi determinati in cui trascorre la sua
vita. Per questo una stessa città può essere raccontata e evocata in molte
maniere “.
Nel suo libro, ad esempio Jordà
parla spesso di una Palma molto concreta che non esiste più perché legata ai suoi
ricordi degli anni 60 e 70. Ad esempio parla, con struggente malinconia, del
terreno di Portopì dove adesso sorge una supermercato e di alcuni bar di Plaza
Gomila, una pizza situata sull’Avenida Joan Mirò e che oggi è il centro di
parte della Movida estiva palmesana. A Plaza Gomila si trova tra l’altro uno
dei pochi ritrovi rock dell’isola il Tunnel.
Leggendo le pagine di Jordà vi
segnalo la storia della discoteca più famosa di Palma il Tito’s un must dell’isola
sia che vi piacciano, sia che abbiate in disprezzo (come me) le discoteche.
Quando aprì nel 1923, racconta
Jordà, era solo una piccola casetta, si chiama “Dancing Bar” o “Night Club”.
Gli yacht erano alla fonda dove
ora c’è una parte del lungomare (il
Passeio maritimo), le donne iniziavano a fumare e gli uomini parlavano dei
cavalli quando stavano in alto mare e di decapottabili quando volavano sui
biplani che collegavano Palma a Barcellona, e si iniziava a discutere di calcio
e toreri.
Il proprietario del Tito sembra
che fosse proprio un italiano chiamato Tito, ma chi riceveva un ritorno economico
dal locale era la moglie, una donna maiorchina che, racconta sempre Jordà, teneva
la contabilità in cui piccolo quaderno giallo.
Vicino al Tito’s c’era la famosa Casa Helena
dove si dice che Borges, uno dei tanti illustri ospiti dell’isola, abbia
conosciuto alcune “platoniche beatrici”.
C’era, al tempo, una piccola
comunità di stranieri e i palmesani poco si interessavano di quanto accadeva oltre
la frontiera di quello che era chiamato “El Terreno”, un luogo dove tutto
sembrava possibile.
Durante la guerra civile la
discoteca Tito’s dovette chiudere, per riaprire successivamente nel periodo post
bellico. I clienti si mettevano lo smoking bianco sopra le camice rimediate e
si arrischiavano a pronunciare parole che erano proibite del periodo
franchista.
Nel 1957 Tito’s cambiò look,
grazie agli investimenti di un regista di film hollywoodiani di serie B tale
Orloff e un impresario maiorchino Antonio Ferrer. Crearono gran parte del look del locale che ancora adesso resiste
ed è diventato un simbolo della città. La vita dissoluta di Orloff attirò molta
“buona fama” al Tito’s che divenne il miglior luogo per la vita notturna a Palma.
Racconta Jordà che suonarono nel locale, tra i tanti, anche Domenico Modugno,
Charles Aznavour e Ray Charles .
Nel 1968 la discoteca visse un
nuovo restyling, arrivarono i disegni pop e il barocchismo kitch degli anni settanta.
Iniziarono ad essere aperti nuovi locali, nella vicina piazza Mediterrano, ad
esempio, aprì il Seargeant Pepper dove addirittura suonò Jimi Hendricks, ed iniziò
la decadenza del Tito.
Dopo dieci anni di quasi agonia
fu venduto ad una catena inglese che ne diede un disegno neo futurista sostituendo
la vecchia facciata,ma lasciando gli
interni quasi immutati.
Interessante la definizione che
da Jordà delle discoteche: “sono il
mercato degli schiavi , le terme pubbliche, i circhi e gli ippodromi di questo
mondo felice”.
Comunque sia vale la pena una
visita anche solo per vedere la flora e la fauna che riempe il locale.
A Palma venne anche girato il
film del 1950 di Sanders “Jack il Negro”
con la grande Zsa Zsa Gabor, ma di questo ne parleremo nella parte in cui vi
consiglierò dei luoghi cinematografici di Palma.
Un altro bel libro che mi è
capitato di comprare e leggere con interesse è quello di Carlos Garrido “La Corona del Temple” in cui l’autore
parla della Torre del Tempio che era un edificio con muraglia posto dentro la città
costruito ai tempi dei musulmani , utilizzato in seguito dai templari , inquisitori, militari, che ha avuto un posto
importante nella storia di Palma. Resti del Tempio sono visibili in Carrer del
Sol e in Carrer de Es Pe de Sa Palla e sono ben visibili dal bar posto al
quinto piano dell’edificio dei grandi magazzini del Corte Ingles in Calle Jaume
III, le muraglie bianche risaltano all’occhio.
Ci sono anche alcuni edifici che
contengono nella facciata presenze demoniache, sono visibili in un palazzo in
Can Belloto, nella facciata del palazzo del Municipio (Ayuntament), in Carrer
Morey , sulla facciata della chiesa di S. Francesco e in Can Catlar, tutti nel
centro di Palma. Se si traccia un perimetro unendo i punti sulla mappa dove
sono individuati gli edifici si ricava una figura che ha una certa importanza
nel mondo templare.
Queste sono prime piccole
suggestioni dallo scrigno nascosto dei tesori di Palma, prossimamente vi
parlerò di alcune case signorili sperando di poter approntare una mappa in modo
che a chi abbia la voglia e l’opportunità sia facile ricercarle nel dedalo
della vecchia città araba di palma, dei luoghi legati al cinema e del vecchio glorioso stadio del Reial Club
Deportivo Mallorca il Lluis Sitjar.
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