giovedì 18 settembre 2014

"Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra".

Da quanto ricordi la musica è stata sempre parte di me, parte del mio animo, della mia sensibilità.
Mia madre racconta spesso di quando mi sdraiavo per terra nella mia camera e ascoltavo per ora le due tre cassette che avevo. Avevo tra le tante una cassetta di Sergio Endrigo con alcune canzoni per bambini, l'ho consumata sentendola.
Gli anni settanta -ottanta in Italia e soprattutto in una piccola città di periferia come Gaeta erano mille anni luce da Seattle, dall'America del Rock e del futuro Grunge.
Era l'italia delle grandi interpreti e dei cantautori.
E' con loro che sono nato e da loro torno spesso con nostalgia, quando ho voglia di cantare qualcosa di vicino.
Mio fratello suonava il pianoforte, ha sempre avuto un'orecchio musicale, ed è il vero artista della famiglia.
Io imparai a suonare la chitarra quasi per caso. Mia madre l'aveva comprata per se e io iniziai a suonarla al rovescio per poi inziare da autodidatta a strimpellare i primi accordi.
Da allora non l'ho più abbandonata, quando ne vedo una devo comunque sfiorarla anche se non posso suonarla , "Lei la chitarra" come canta Bennato.
Vale per me quanto dice De Andrè nella canzone "Amico Fragile" :"pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra".
La chitarra mi ha accompagnato nel tempo e ancora mi accompagna, in ogni momento della mia vita e la musica è sempre presente nella mia testa, nel mio cuore.
Quando sento la musica il mio piede inizia a ritmare senza che possa controllarlo, anche il mio amico Gianni se ne accorse una volta tanto da far notare agli altri: "Avete visto come fa ... basta che sente una nota".
Negli anni dell'adolescenza, dell'università, nei primi amori, la musica c'è sempre stata, andando avanti negli anni ai cantautori si sono affiancati sempre di piu' i gruppi rock, i Guns and Roses su tutti, ci si evolveva, si cercavano altre sonorità.
Stavo cercando la mia musica dell'anima, e seppure molto di quello che ascoltavo mi emozionasse e mi scuotesse, dovetti aspettare l'entrata nella mia vita della voce e delle liriche di Eward Louis Severson III, per sentire vibrare le corde piu' profonde dell'animo, ma ci volle tempo per capirlo per comprendere il perchè quei testi più che la musica stessa mi stessero cambiando. Ci volle tempo e la maturità, perchè spesso si può aspettare anche anni prima di innamorarsi veramente, prima di sentire che quella musica, quelle parole sembravano scritte da un'anima incredibilmente vicina.
Ma questa storia la racconterò magari domani.



Per ora ... Buonanotte e buona musica !!!

Nessun commento:

Posta un commento

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...