giovedì 7 luglio 2016

PGGV n. 4: Viaggio intorno a Srebrenica.

Viaggio intorno a Srebrenica

Questo e' soltanto un altro giorno in questo posto dimenticato da Dio. Prima viene l'amore poi segue il dolore. Che i giorni abbiano inizio. Le domande aumentano e le risposte cadono insormontabili...”.
Più o meno con queste parole inizia Love Boat Captain una delle più intense canzoni di Riot Act, l’album dei Pearl Jam frutto di un dolore forte e inaccettabile, una canzone magari poco conosciuta e poco cantata nei concerti ma in cui, a mio parere, il grande poeta Eddie Vedder ha sintetizzato la percezione del senso di vuoto che porta il dolore e la necessità dell’amore necessario per superarlo.
Soltanto un altro giorno quindi, con il suo dolore, con la sua pena , un giorno come tanti per molti, un giorno difficile da dimenticare , per molti, per i tanti che vivevano tra i monti al confine tra Bosnia e Erzegovina e Serbia.
Un altro anno è passato ed è di nuovo il momento di ricordare Srebrenica, il dolore incommensurabile, la ricerca incessante della giustizia, i tentativi di revisionismo o solo di ridimensionamento.
Un altro anno è passato pensando al dolore degli altri.
Srebrenica per me, nel tempo, è divenuta un’ossessione, che si è sempre di più accentuata invece che attenuarsi.
Neanche visitare il Memoriale di Potocari mi ha aiutato a fare i conti con questo dolore “questions rise and answers fall insurmontable
Molti potrebbero pensare: “ma in fin dei conti non si tratta di un tuo dolore, è un dolore di altri , perché lo senti così tanto tuo?
Forse perché quando tutto è successo e per anni ancora, l’intero mondo si perse nella sua indifferenza e forse perché penso che tutti dovremmo essere ossessionati dal genocidio che li è avvenuto e che si perpetua in mille e svariate forme ogni giorno, nelle mille Srebrenica che purtroppo ogni giorno segnano il mondo.
E poi perché sono sicuro che se al posto di migliaia di steli bianchi, fossero state piantate nel terreno migliaia di croci bianche, lo sterminio di Srebrenica avrebbe avuto un impatto differente. Sono morti dei musulmani, per anni poco è importato e forse ancora adesso qualcuno ha retro pensieri.
Srebrenica rappresenta la paura che possa accadere anche qui a pochi chilometri da casa.
A Tuzla, Srebrenica, Bratunac, oggi, più che ogni giorno, un vento freddo e ostile attraverserà come un brivido l’animo di chi è rimasto o di chi è ritornato in una terra desolata.
Molto si è scritto e qualcosa nel mio piccolo ho scritto anch’io, di seguito trovate due differenti percorsi che vi accompagneranno verso Srebrenica e la sua memoria divisa:
-          Il primo è un viaggio breve ma intenso da Sarajevo a Tuzla dove al momento vivono molte delle “madri di Srebrenica” e dove ogni 11 del mese viene proposto dalle madri dell’Associazione Zene Srebrenica, un flash mob in ricordo delle vittime dell’11 luglio 1995;

-          Il secondo è il diario di viaggio di un altrettanto breve ma intenso viaggio da Mokra Gora, in Serbia verso Srebrenica con la visita al Memoriale di Potocari. Un viaggio in un luogo in cui le ferite sono ancora e sempre più visibili, e la memoria più passa il tempo e meno diviene condivisa.

Da Sarajevo a Tuzla: dove Srebrenica rivive.

L’ 11.07.1995 nella città di Srebrenica nel nord della Bosnia avvenne qualcosa di terribile, devastante ed inconcepibile, un genocidio che l’occidente, così vicino al “cortile di casa”, come qualcuno definì i Balcani, quasi cancellò dai palinsesti estivi.
Da allora qualcosa è cambiato, maggiore attenzione, l’operato decisamente criticabile del Tribunale dell’Aia, la ricerca di una verità difficile, una difficile accettazione da parte dei serbi e molti più o meno velati tentativi di revisionismo (esiste almeno una pubblicazione in lingua italiana che porta avanti l’ipotesi che la strage di Srebrenica sia stata “organizzata” dai supremi governanti di Bosnia e USA al fine da poter essere considerata un pretesto per le future azioni militari).
Non voglio raccontare cosa successe a Srebrenica quel giorno, basta leggere le tante pagine più o meno dettagliate sul web o alcuni ottimi libri sull’argomento. Voglio raccontare nel video che allego quello che accade ogni giorno 11 di ogni mese dell’anno  nella piazza dedicata alle vittime del genocidio di Srebrenica a Tuzla, quando le madri, le figlie, i padri, i figli, i nonni e le nonne di Srebrenica si riuniscono in cerchio chiedendo a chi di dovere giustizia e verità.
Il video è stato girato l’ 11 novembre del 2009 a Tuzla, questo è l’estratto del diario di viaggio:
Sarei dovuto andare a Srebrenica ma il fatto che il mio contatto, la Sig.ra Hajra Catic presidente della ONG Donne di Srebrenica sia a Tuzla, mi spinge verso questo paese.
Di Tuzla so davvero poco, Maggiani ne parla nel suo libro il viaggiatore notturno quando parla dell’orso di Tuzla e penso anche che non ci sarà molto da vedere.
Oggi come ogni 11 del mese le donne di Srebrenica manifestano perché il genocidio avvenuto il 11/07/1995 non venga dimenticato. Spero oggi di partecipare alla protesta e di fare qualche foto e ripresa.
A Tuzla decisamente non c’è molto da vedere, il tempo poi, è davvero infame. La stazione dei bus è un po’ fuori dal centro città, più di un chilometro e per raggiungerlo bisogna percorrere la strada principale tra gli scarichi delle auto, i fumi di alcune fabbriche e il fumo del carbone che impesta l’aria. La puzza di carbone e la fuliggine che riempie l’aria è una delle costanti di queste città durante l’inverno.
Anche Sarajevo è sempre coperta da una fitta foschia.
Cerco invano la strada dove si dovrebbe trovare la sede dell’associazione “donne di srebrenica” mi arrampico sulla collina di Kula ma le strade che hanno un doppio nome sono difficili da trovare.
Così ritorno verso il centro, la sig.ra Catic mi ha inviato ieri una mail in bosniaco (tradotta grazie a google transalte) da cui ho capito che oggi come ogni 11 del mese le donne di Srebrenica si riuniranno in cerchio nella piazza di Tuzla intitolata alle vittime del genocidio.
Non mi è difficile trovare la pizza, il centro di Tuzla è formato da un’unica strada pedonale e proprio alla fine di questa c’è proprio la piazza intitolata alle vittime di Srebrenica.
Quando arrivo l’atto pubblico è in svolgimento, le donne, le madri, le figlie, ma anche nonni e ragazzi, parenti e figli delle vittime del genocidio sono in cerchio, in mano ognuno tiene un fazzoletto con il nome della vittime, in silenzio avvolgono la fontana al centro della piazza. Poi, ciclicamente, dei bambini che si trovano al centro del cerchio declamano un’invocazione alle N.U. ai governi dei paesi europei, agli USA, alla Corte di Giustizia. Sono vestiti di un lenzuolo bianco e si spostano e ripetono la recita ad ogni angolo della piazza.
E’ davvero toccante, soprattutto il silenzio tra un’invocazione e l’altra.
Alle 13.00 circa è tutto finito, le donne raccolgono le file di fazzoletti tutti legati l’uno agli altri e ritornano alla loro “vita normale”.

Per approfondire vi invito a leggere e vedere alcune cose che ho raccolto nel corso dei miei viaggi nei Balcani, video, foto e brevi riflessioni:
https://www.youtube.com/watch?v=DqeZ1tc48nw (prima parte di un video che ricostruisce l'atto che ogni 11 del mese si svolge nella piazza intitolata ai martiri a Tuzla in memoria di tutte le vittime di Srebrenica, la registrazione video e' del novembre 2009)
https://www.youtube.com/watch?v=chuCgT2tg6I (seconda parte del video girato a novembre 2009)
http://www.balcanicaucaso.org/Reportage/Un-infinito-prato-di-steli-bianchi.-Ricordando-Srebrenica-147284 (Una mia riflessione su Srebrenica dopo la visita al Memoriale di Potocari Gennaio 2014 ospitata dal sito dell'Osservatorio sui Balcani e il Caucaso).


            Da Mokra Gora a Srebrenica e oltre. Viaggio nella Memoria.

            Raggiungere Srebrenica da Mokra Gora non è facile la via più diretta è da Sarajevo o da Tuzla. Da Belgrado partono dei pullman ma arrivano a Ljubovija e li si fermano.  C’è il confine, bisogna cambiare mezzo.
            Per raggiungere Srebrenica da Mokra Gora non ci sono mezzi diretti e i 43 km potrebbero divenire 400, ma ho una macchina, peccato che abbia targa serba, non ci avevo pensato, ma ne parleremo tra breve.
            Da Mokra Gora si attraversa il Monte Tara e il suo meraviglioso parco naturale, per poi raggiungere il paese di Bajina Basta. Bajina Basta (Giardini di Baja) piccola città di confine, nacque in seguito alla cacciata dei turchi dall’antico villaggio di Plijeskovo. Prese questo nome dalla ricchezza floreale dei dintorni. E’ famosa anche per il suo tabacco il "bajinac".  Il piccolo paese è però ricordato anche per cose meno piacevoli. Paolo Rumiz nel suo libro “Maschere per un massacro" racconta come fino al 1995 a Bajina Basta  fosse usuale il “weekend di guerra” in Bosnia. La gente del posto andava ad ammazzare Musulmani e a rastrellare automobili, trattori, denaro e vestiti e poi tornava nel suo territorio per vendere gli oggetti trafugati. Non e' purtroppo l'unico esempio di "economia di guerra", nel corso della guerra vari paesi hanno approfittato di questa triste attivita' transfrontaliera.

Superata Bajina Basta  si apre la via che percorre in parallelo il fiume colmo di storia e dolore che divide la Bosnia dalla Serbia: la Drina.



La Drina è un fiume bellissimo: immenso in alcuni tratti, verde e trasparente, dove la storia e le storie si sono spesso incontrate e scontrate.



Piccoli villaggi bosniaci e serbi si specchiano nel fiume e si guardano, si fronteggiano, senza potersi raggiungere, confondere. Il grande fiume è attraversabile solo in pochi punti, a Visegrad  naturalmente, poi dopo molti chilometri a Ljubovija e alcuni chilometri più a nord a Mali Zvornik , vecchio quartiere periferico della città bosniaca di Zvornik, divenuto città solo con la costituzione della frontiera e che ancora è legato alla  città-madre  da un ponte pedonale e uno carrabile.
Ma c’è un altro punto dove si può attraversare la Drina, alla frontiera con Bratunac, la porta per raggiungere Srebrenica.
Superata Lijubova, infatti, dopo pochi chilometri, se si svolta sinistra, seguendo le indicazioni si finisce repentinamente dinanzi alla sbarra che chiude la frontiera tra Serbia e RSB.
Soliti controlli puntuali ed efficienti alla frontiera sul lato serbo.

Si supera un vecchio ponte in ferro che ricorda quelli di Eiffel, un ponte che fa paura per il suo stato fatiscente e per la storia terribile che lo ha attraversato.




Il posto di frontiera posto dalla parte della RSB è quanto di più fatiscente e precario abbia mai incontrato nei miei viaggi di frontiera: un solo gabbiotto, un poliziotto a fare viabilità. Pochi centimetri dopo il gabbiotto se si svolta a sinistra si va verso Bratunac.
Il poliziotto di frontiera mi augura: “Good luck”, forse un presagio.
Bratunac, quando ci penso non posso non pensare allo spettacolo “ A come Srebrenica” e a come Roberta Biagiarelli pronuncia il nome scandendolo “Bra- tu – nac”. Se non l’avete mai visto lo spettacolo vedetelo è qualcosa che vi lacera il cuore.
Ed è una terra lacerata quella che attraverso, umiliata e offesa, in cui ancora sono chiaramente visibili i segni della guerra e della barbarie. Decine di case sono ancora da ricostruire e riesco a vedere solo quelle sulla strada principale, figurarsi quelle nascoste sulle colline.
Bratunac è polverosa, caotica, ci sono taxi ovunque che sostituiscono un carente servizio di bus collegando la città alle sue frazioni.
Appena superato il confine inizio a percepire di essere in una sorta di terra ostile, e il fatto di guidare una macchina con targa serba probabilmente non depone a mio favore.
Mi perdo all’ingresso di Bratunac, non riesco a trovare la strada per Srebrenica. Chiedo in giro, qualcuno fa quasi finta di non sapere dove sia, altri sorridono, una signora finalmente mi indica la strada.
A Bratunac lo scorso anno venne organizzata dai nazionalisti serbi la contro manifestazione nel giorno in cui viene ricordato il massacro di Srebrenica, la mattanza di Srebrenica.
Pochi chilometri separano Bratunac dal Memoriale di Potocari, un immenso prato di steli bianchi.
Potocari è un altro dei luoghi della vergogna, il luogo in cui c’era la base dei caschi blu olandesi che non solo non riuscirono a fermare il massacro ma quasi senza volerlo diedero una mano a renderlo ancora più grottesco.

Il Memoriale è tutto nelle foto che tra poco vedrete, un immenso prato di steli bianchi e poco altro. E silenzio e dolore.






Srebrenica, la città dell’argento , srebro significa argento in serbo-croato, l'antica Argentaria, è li a pochi km. Sono indeciso se andare,  cosa posso trovare? Che effetto avrà su di me? Cosa può dirmi di più che già non dica questo prato infinito di steli bianchi?
Decido di andare, la attraverso in lungo e in largo, andata e ritorno in silenzio, guardo la gente, la gente mi guarda e ogni tanto guarda la targa. Ragazzi giocano a calcio per strada non si spostano quando sto per passare. Cerco l’antica Srebrenik, ma trovo il sito archeologico chiuso. Volevo un po’ di cultura per stemperare i turbamenti.
Vado via attraverso di nuovo questa terra desolata così lontana ancora da almeno una “finta pace”.
Poi, è incredibile a volte lo spirito umano, nella mia ricerca di qualcosa di culturale, qualcosa che ricordi la storia antica dei luoghi, cerco una necropoli in cui ci sono gli stecci dei bogomili, tombe medievali caratteristiche della Bosnia.  Non la trovo,  ma poi fermo in macchina ad un semaforo mi chiedo, con tutti questi morti che senso aveva  visitare una necropoli ?
Sulla strada di ritorno verso Belgrado con il cuore colmo di pensieri e domande, la Drina è la compagna silenziosa e placida, scorre lenta in questi luoghi.
Si arriva a Loznica e da qui si vira verso sinistra e si abbandona il corso della Drina per entrare nella pianura della  Vojvodina che è la propaggine più a sud della Pustza Ungherese.
Si attraversa Sabac, conosciuta fino all’inizio della I Guerra Mondiale come “La piccola Parigi”, poi si svolta a sinistra verso Ruma e Sremska Mitrovica e si prende il breve tratto autostradale che porta verso Nis.
L’ingresso a Belgrado è una bolgia di traffico e di terribili sensi unici, per arrivare alla stazione siamo costretti a circumnavigare il centro.
E’ sera, inizia a fare freddo.

Il mattino seguente la neve mi accoglie al risveglio.



Nessun commento:

Posta un commento

Beldocs festival tra memoria e attualità? E se quello che vediamo non fosse davvero "fiction"?

Si è aperto mercoledì con la proiezione di "Another Spring", film serbo in prima visione su come la Jugoslavia nei primi anni se...