mercoledì 9 ottobre 2013

L'Europa oltre Lampedusa

Ci ho pensato bene prima di scrivere qualcosa su quanto successo a Lampedusa e ancora ci sto riflettendo mentre scrivo, devo combattere tra lo scagliarmi contro i soliti noti, prendermela con meno noti e superare i miei stessi pregiudizi e paure.
perchè dopo quello che è successo a Lampedusa, l'11 settembre dell'Europa degli indifferenti, c'è da avere paura.
Paura di chi?
Degli idioti prima di tutto. Solo un idiota può pensare che un disperato che fugge da un paese in guerra e ridotto alla fame, prima di partire si colleghi sul web per vedere dove andrà ad approdare con un barcone che non sa nenache da dove partirà, e magari si ascolti i discorsi della Boldrini e della Kyenge. Si sono mai domandati i signori quanti internet point, televisioni, radio siano in funzione a Mogadiscio, nell'intera Somalia o nell'intera Eritrea? Quanta ignoranza e eurocentrismo, finiamo per vedere il mondo solo dalla nostra poltrone non riuscendo a capire che spesso può essere diverso e drammatico più della nostra crisi.

Bisogna aver paura che un giorno la resistente e empatica fino alle lacrime popolazione di un isola coraggiosa come Lampedusa, crolli e decida di non seguire la legge del mare e lasci davvero i fratelli in balia della loro sorte. Gli eroi crollano prima o poi, e gli abitanti di Lampedusa sono eroi.

paura dei burocrati di bruxelles così lontani dal comprendere che non più di migrazione si parla ma di tragedia.

Bisogna aver paura del simile più che del diverso e del non detto che alberga in tanti di noi, ognuno di noi combatte con i propri pregiudizi e paure, chissà chi l'avrà vinta.

Bisogna aver paura dell'omologazione e del pressapochismo: quando si parla di aiutari nei loro paesi, di quali paesi stiamo parlando, quelli da dove provengono o quelli in cui transitano?

Bisogna aver paura della trama che viene tessuta dietro le figure maledette degli scafisti. Chi c'è dietro, quanta è estesa la rete di connivenze e macchinazioni? Chi ci guadagna anche in Occidente?

Bisogna avere paura certo ma anche tentare strade per cercare di affrontare questa smisurata disperazione migrante.

E allora:

- il reato di immigrazione non può esistere, è inconcepibile anche solo per la legge naturale, tutti lasciamo liberi, abbiamo un nome e un cognome un dna che ci rende unici, non nasciamo clandestini. Se una persona che è vive sul territorio italiano e che vi risiede per qualunque motivo e nazionalità commette un reato è allora e solo allora che può essere indagato e condannato, non perchè entra in un paese. La durezza delle pene deve essere condivisa da chiunque commette un reato sia esso italiano o straniero, ma essere considerato clandestino non può essere considerato un reato.

- va affrontato ogni aspetto del problema e superati diversi pregiudizi anche di livello "umanitario". E' innegabile che qualcuno guadagni qualcosa anche dall'assistenza agli ultimi, anche queste cose vanno chiarite e affrontate anche a livello comunitario.

- non serve a nulla rimandare le persone indietro in aereo o nave, ma cercare di capire cosa accade non solo nei paesi da cui provengono ma soprattutto nei paesi di transito, cercare accordi per andare in qualche modo a stanare la rete di maledetti mercanti di persone. Non mi dite che chi è riuscito a trovare e uccidere i più grandi terroristi della storia non sia in grado di colpire e minare l'organizzazione degli scafisti. Il problema è che i profughi non sono una risorsa economica e non interessano a nessuno fino a quando approdano sulle coste della fragile fortezza Europa.

Il problema è complesso ma va affrontato senza pregiudizi da ogni parte altrimenti sarà il solito confrontarsi di buonisti e presunti fascio-idioti. la realtà è più complessa e quest'ultima immane tragedia ci dovrebbe far comprendere che è tardi per le polemiche e le dichiarazioni d'intenti ed è tempo di agire andando a colpire chi si arrichisce dietro questa infamante povertà, senza se e senza ma, "senza perdere la tenerezza" come diceva un uomo morto anni fa.

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