venerdì 10 dicembre 2010

Riflessioni a margine della ricerca. Turisti, ospiti e "altri".

Concludo il mio lavoro con una riflessione che dovrebbe guidare chi come il turista, il viaggiatore, l'imprenditore, il cooperante, ha la fortuna per breve o lungo tempo di vivere una vita diversa in un luogo per lui inusuale.
Quale che sia la posizione che si assume all'interno della società in cui si va lavorare, sognare, divertirsi, non si dovrebbe mai dimenticare che si sarà sempre e solo ospiti.
Perchè per quanto si cerchi di essere "come l'altro" non lo si potrà mai essere veramente, e in alcuni casi questo goffo tentativo di uniformarsi all'altro potrà essere visto come ilarità, il più delle volte ( non riuscite neanche ad immaginare quante risate si fanno alle nostre spalle i c.d. "nativi" quando cerchiamo di imitarli), ma in alcuni casi anche con un certo fastidio.
L'europeo più o meno benestante che cerca di vivere senza bagno, senza acqua corrente, luce , non sempre viene visto come un esempio di empatia nei confronti dell'altro.
Il rispetto dell'altro può essere dimostrato anche nel cercare di vivere il più dignitosamente possibile e senza richiedere agi che non sono possibili senza per forza di cose dover scimmiottare la vita altrui.
Se si leggono i Diari di Malinowski è evidente come l'antropologo nella sua vita quotidiana nelle isole Trobiand viva con evidente difficoltà la mancanza di agi che aveva nella sua vita occidentale. Chi ha voluto vedere qualcosa di scandaloso nei diari non li ha letti a fondo, e non ne ha colto il grido di aiuto che ne è alla base.
Vorrei, poi, se possibile, sfatare, se ancora è necessario, un vecchio mito, l'esistenza del cosidetto "buon selvaggio". Non tutto quello che è tradizionale o è "povero" o che viene dall'Africa è buono.
Non esiste l' africano buono tout court, e l'Africa non è un continente da portare per mano come un bimbo.
Esistono africani buoni e meno buoni, realtà belle e meno belle, impreditori capaci e veri sciacalli, sognatori e sfruttatori. Ma Capo Verde, l'Africa tutta, non hanno bisogno del "nostro sguardo di tenerezza", della nostra ansia di lavarci le mani dal peccato offrendo doni e cooperazioni, adottando un continente.
L'Africa è madre, non la cenerentola da portare in giro per far vedere quanto è sporca e ha bisogno d'aiuto.
E chi come me ha viaggiato un piccolo luogo dell'infinito continente africano, quelle dieci isole perse nell'Oceano, quelle manciate di terra lanciate a caso nell'Oceano dal Creatore, non dovrebbe mai dimenticare che nessuno di noi potrà mai essere l'altro, nessuno di noi potrà mai essere interno ad una comunità.
Potrà intessere relazioni particolari, singole, irripetibili, ma mai dovrà dimenticare di essere semplicemente un ospite. E per questo dovrà avere un infinito rispetto dell'altro che non potrà mai essere.
Perchè è quello che siamo su questa terra, ospiti che passano lasciando un solco sul terreno della storia, e sta a noi fare in modo che il solco tracciato sia più simile a quello di un aratro che a quello di un carrarmato.
Qualcuno che non ricordo ha scritto: "distrugge più il turismo che la guerra".
E non è un'esagerazione, non è un paradosso.

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